Sega Saturn
Quake
Sega | id Software | Lobotomy | GT Interactive | Mark Coates | Paul Knutzen | Paul Haugerud | Paul Schreiber | Ezra Dreisbach
02 01 2022
Doom ha rappresentato per il mondo dei videogiochi quello che Via col Vento rappresentava per il cinema: un classico, di quelli di una volta. Non ha detto niente di nuovo, tutti lo conoscono a memoria e l'adrenalina non scorre più come un tempo, ma l'equilibrio tra esplorazione, azione e strategia era e rimane quasi perfetto. Il prodotto finale, insomma, aveva una qualità tutta sua (per ritmo, atmosfera, semplicità) che pochissimi sono riusciti ad eguagliare. E poi basterebbe ricordare la forza del suo impatto quando, nella prima metà degli anni novanta, travolse il mercato dei videogiochi. Tanto per fare un esempio: in E.R. ('medical drama' anche lui di grande successo in quegli anni), quando in una puntata portano in ospedale un nuovo PC, la prima richiesta dei medici del pronto soccorso è quella di installare Doom, alla faccia delle cartelle cliniche o delle prescrizioni di farmaci. Oppure in Friends: quando Chandler si compra un portatile lo usa solo per scrivere lettere e per giocare a Doom. Questi segni dei tempi, ancora più di centinaia di recensioni favorevoli, fanno capire lo status che aveva guadagnato il gioco id Software, non solo nel mondo dei videogame ma anche all'interno della cultura mainstream.
Doom 2 era riuscito a rinnovare in parte il suo successo, ricorrendo a qualche modifica. Ma è stato solo con il successivo e più innovativo Quake (id Software, 1996) che la febbre è risalita a livelli altissimi. Il battage pubblicitario, partito molto prima dell'uscita e pilotato dai cambiamenti tecnologici fulminei di quegli anni, aveva raggiunto livelli da record. E il risultato era all'altezza delle aspettative: già dalle prime fasi si capiva che il nuovo motore grafico, spettacolare e ampiamente modificato, era finalmente in grado di concedere un 3D vero (il che, tra l'altro, obbligava i proprietari di PC a rifornirsi di schede video di nuova generazione, sdoganandone così la diffusione). Guardare in alto o in basso e saltare, utilizzando la classica visuale in soggettiva di Doom, diventava un fatto naturale e permetteva quei primi sviluppi del gameplay che sarebbero stati poi ripresi ed elaborati in centinaia di first person shooter, fino ai giorni nostri.
La versione per Saturn ha richiesto un po' di tempo suppletivo di lavoro, ma tenendo conto della ostilità della macchina Sega nei confronti di poligoni e texture, dev'essere sembrato poco ai poveri programmatori Lobotomy, peraltro già responsabili della creazione del buon Exhumed, sempre su Saturn. Critiche comunque dure nei confronti della nuova impostazione grafica, colpevole di essere troppo simile a quella della versione PC. A dire la verità, però, a me sembrava già un miracolo raggiungere quei livelli estetici, mai visti su una console molto meno potente di un PC con scheda grafica accelerata. E infatti, se vogliamo andare per il sottile, non è che non si noti qualche défaillance, in questo senso, da parte del 32 bit Sega, spesso messo alle strette da un'impresa apparentemente impossibile. Per esempio texture e animazioni degli avversari non appaiono proprio perfette se riprese in primo piano, come pure appare imbarazzante la scomparsa dal terreno dei nemici uccisi, dopo qualche secondo, giusto per non affaticare troppo i chip della macchina Sega.
I quattro episodi si articolavano in un trentina di livelli (quattro nuovi in esclusiva per il Saturn), tutti aggrovigliati come layout tra archi, scale, piattaforme, corridoi e sale centrali fino a realizzare labirinti impegnativi, spesso poco illuminati ma dotati di sofisticati effetti di luce. Questa spettacolare complessità architettonica, a metà tra il gotico e una postazione militare fantascientifica, oltre a essere gestita in modo sorprendente dal 32 bit Sega serviva anche a evidenziare un controllo dei movimenti parecchio avanzato (per i tempi), in grado di inserire nel gameplay cose prima impossibili. Sporgersi dai cornicioni per individuare qualcosa nell'oscurità non rappresentava solo un momento di suspense ma poteva anche rivelarsi strategicamente importante. Qualcuno ai tempi rimpianse l'immediatezza di Doom, ma c'era poco da fare: l'evoluzione dei 'corridor game', come si chiamavano allora, era partita e non si sarebbe più fermata. Ogni livello presentava comunque il consueto corredo di aree nascoste, trappole, interruttori e porte bloccate, a rendere più intrigante una progressione non aiutata dalla concessione di un minimo di trama.
I dungeon riuscivano insomma a essere un fattore di per sé coinvolgente anche per i giocatori da console, al di là della tradizionale strage di cattivoni e mostruosità varie in stile Doom. D'altro canto una mattanza era quello che il pubblico voleva e con una mattanza il pubblico si è ritrovato. E così i nemici da abbattere si rivelano numerosi anche in questa versione (in tutto una dozzina o poco più di tipi diversi, ma in buona quota lorda, anche se distante dalla media odierna), tutti coriacei e soprattutto letali in caso di combattimento ravvicinato, il che rende fondamentale tenerli a distanza. Tra l'altro l'eliminazione degli avversari può anche essere soddisfacente dal punto di vista grafico, come accade nel caso del lancio di granate. Lo scorrimento, sempre fluido a parte qualche rara fase, non mostra poi cedimenti e questo rimane la cosa più importante per questo tipo di gioco, oltre a rappresentare un punto a favore per la reputazione del Saturn. Da non trascurare nemmeno la bella colonna sonora, contrappuntata dalle musiche da brivido dei Nine Inch Nails.
La durata di gioco dipende da una serie di fattori: quanto siete avvezzi agli shooter con visuale in soggettiva, quale livello di difficoltà dei due presenti volete affrontare e, non ultimo, quale joypad sceglierete di usare. Perché se il controller Sega analogico (quello lanciato con Nights, per intenderci) funziona più che bene in questa circostanza, con quello standard la situazione cambia drasticamente. D'altronde Quake su PC era stato ideato con tutt'altri dispositivi in mente e il pad originale del Saturn, concepito soprattutto per i giochi arcade, non riesce a raggiungere quella flessibilità di utilizzo che qui viene richiesta. Il joypad standard si sarebbe rivelato forse ancora più scomodo nella modalità multiplayer, presente nella versione per PC, ma è una cosa che non sapremo mai perché sulla console Sega l'opzione per coinvolgere più giocatori, online o no, non c'è mai stata. La sua assenza era stata annunciata già nelle prime fasi dello sviluppo ma ha rappresentato comunque un brutto colpo per gli appassionati, fino a diventare il fattore che ha forse più compromesso la storia di questa peraltro eccellente conversione. Che alla fine non ha avuto vita facile, sia dal punto di vista critico che da quello commerciale e che non ha certo cambiato il destino del 32 bit Sega, già ampiamente segnato. Questo non vuol dire che Quake non abbia rappresentato un momento fondamentale nell'evoluzione dei giochi di questo genere (ormai più che popolare) e che non si sia rivelato qualcosa di memorabile anche su Saturn, al di là di ogni pronostico.
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