Sony PlayStation
Broken Sword II: La Profezia dei Maya
Sony | Revolution Software | Charles Cecil | Dave Cummins | Jonathan Howard | Steve Ince | Tony Warriner | Chris Rea | James Long
13 10 2021
Al di là delle più fantasiose varianti (giochi di ruolo epici, simulazioni sportive, avventure in soggettiva, sparatutto a scorrimento orizzontale, verticale o diagonale, picchiaduro, platform o quello che te pare) alla fine il centro di gravità permanente di un videogioco resta sempre e solo il divertimento. Ci si può divertire a guerreggiare contro imperi del male in terre fuori dal tempo o a controllare squadre di ragazzoni ipervitaminizzati impegnati a raggiungere il Super Bowl o la Stanley Cup, oppure il divertimento può consistere nella distruzione dei cattivi mediante colpi di karate, di arma da fuoco o missili di efficacia varia. Io però inseguo un'utopia apparentemente raggiungibile ma quasi sempre negata: che il divertimento non debba essere per forza coniugato con la frenesia, ma che possa derivare dai ritmi più tranquilli legati al ragionamento. Di più: penso che questo possa realizzarsi anche nel campo dei giochi per console, regno tradizionale dei titoli d'azione. Nel caso della prima PlayStation (ma anche nel caso delle vecchie macchine Sega e Nintendo) questo tipo di prodotto è invece lungamente vissuto ai margini, almeno in Occidente.
Per lo sdoganamento del gioco da adulti (con tutte le virgolette che volete utilizzare) sulle console a 32 bit si è puntato inizialmente su un pugno di RPG, su succedanei di varia estrazione e qualche rara avventura. La splendida eccezione del primo Resident Evil è rimasta a lungo isolata, come un'oasi nel deserto. Il genere 'adulto' è così rimasto immaturo fino a quando il successo commerciale della console Sony ha permesso la migrazione verso campi alternativi. Quando venne lanciato il primo Broken Sword, prima ancora di questa fase, fu quindi salutato come la migliore avventura classica disponibile per PlayStation, ma data la concorrenza non c'era proprio bisogno di tale enunciazione. D'altra parte Broken Sword (Revolution Software) era un prodotto eccellente già su PC, graficamente accurato, con pochi momenti vuoti e basato su una trama articolata, anche se poco longeva (difetto peraltro comune alla maggioranza delle avventure prodotte in quegli anni). In realtà Broken Sword riusciva anche a reggere il confronto con i capolavori assoluti della LucasArts. La realtà ulteriore era che i Revolution, da tempo su posizioni di affanno commerciale, non potevano permettersi il lusso di perdere un treno in corsa: da qui la decisione di sfruttare l'inerzia e produrre rapidamente un seguito.
Per fortuna Broken Sword II: La Profezia dei Maya (Revolution, 1997, "The Smoking Mirror" in lingua originale) non soffre di problemi legati a uno sviluppo affrettato, anche se manifesta qualche caduta derivante dalla sua natura di sequel. La sensazione di già visto è infatti evidente, anche perché nessuno si è preso la briga di prevenirla. Al contrario alcuni personaggi e circostanze sono stati ripresi pari pari, quasi a cercare un impatto sicuro su chi si sentiva affezionato alle atmosfere e ai meccanismi di gioco originali. D'altro canto rivoluzionare la struttura tradizionale di un'avventura 'point'n click', massicciamente basata sulla ricerca di oggetti mediante cursore e sulla loro combinazione per risolvere situazioni, non era facile. Come nei migliori casi si è comunque puntato su una stretta logicità degli enigmi, in modo da eliminare il più possibile il girovagare casuale tra menu e oggetti raccolti. Se questo ha provocato una gradevole scorrevolezza della trama, la diminuita presenza di blocchi all'interno della sceneggiatura ha comportato una difficoltà inferiore rispetto al primo episodio, compensata da una maggiore quota lorda di problemi da risolvere. Si è poi cercato giustamente di inventarsi qualcosa di nuovo: in questo ordine di cose rientrano la possibilità di controllare Nico, la fidanzatina di George Stobbart, in determinate circostanze e la presenza di alcuni momenti cruciali che finiscono per determinare i successivi sviluppi della storia.
Storia che scorre con ritmo rilassante e meditativo, il che farà secondo me piacere a molti, e che basa la sua brillantezza sulla mancanza di banalità, su dialoghi spesso sorprendenti e su frequenti cambi di scenario. Le numerose località (si viaggia tra Parigi, Marsiglia, Londra, i Caraibi e il Centro America) sono caratterizzate da una grafica accurata, con una ricerca del dettaglio sufficiente a tenere sveglio l'interesse, ma senza che questo renda troppo complicate le perquisizioni degli ambienti, almeno in teoria. In pratica l'abbandono dell'alta risoluzione ha invece causato qualche piccolo inconveniente: già a partire dalle prime fasi alcuni particolari della scenografia, minimi ma fondamentali, si perdono, il che può portare a eventuali perlustrazioni suppletive. E poi, nonostante un uso intelligente del controller, non si può negare che questo tipo di gioco migliori se si ricorre a un (raro) mouse compatibile.
L'aspetto generale è comunque sullo stesso livello, ottimo, del primo episodio: sembra di assistere a un cartone animato, anche se i movimenti dei personaggi sono un po' lenti. Mediocre invece il sonoro, non tanto per le musiche, quanto per la qualità tecnica del doppiaggio in italiano, poco presente e fastidiosamente soffiato: utile il ricorso ai sottotitoli. Coerente con la lunghezza del gioco l'impegno a carico della memory card (un blocco per salvataggio); ancora migliorabile la situazione dei caricamenti. Molto ben strutturati, semplici e facilmente consultabili i sottomenu riguardanti l'inventario e la gestione dei dialoghi. Resta il problema della longevità: gli avventurieri più smaliziati potrebbero chiudere la partita in un weekend, mentre generalmente il tutto potrebbe risolversi nel giro di una settimana o poco più. Questo non può far altro che compromettere i numerosi aspetti positivi di un gioco altrimenti da considerare tra i migliori in assoluto su PlayStation.
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