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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sony PlayStation
Die Hard Trilogy
Fox Interactive | Probe | Dennis Gustafsson | Simon Pick | Greg Modern
18 03 2021

Tutti quelli che hanno posseduto, durante l'epoca d'oro, un Commodore 64 o uno ZX Spectrum ricordano di sicuro i tie-in cinematografici della Ocean. Ricordo probabilmente doloroso perché negli anni ottanta la Ocean aveva preso la brutta abitudine di sfornare decine di giochi, tratti da film più o meno famosi, tutti terribilmente uguali e tutti basati sulla stessa struttura, ovvero quella del gioco multievento. In pratica a ogni scena cruciale del film corrispondeva un particolare livello e ogni livello era slegato dagli altri. Ci si ritrovava così con mediocri sezioni platform, pessime parti adventure e penosi livelli sparatutto, tutti insieme appassionatamente, senza alcun legame apparente, a parte il fatto di stare sulla stessa cassetta. Questa moda scemò fortunatamente con il passare degli anni, ma Probe nel 1996, in pieno dilagare di titoli di tutti i tipi indirizzati alla PlayStation, pensò bene di tornare all'antico con questo Die Hard Trilogy...

Il qui presente titolo si proponeva infatti di portare su PlayStation i primi tre episodi di Die Hard, assegnando a ognuno dei film un livello a sé stante. Ecco quindi che avremo uno shooter 3D (stile Loaded, con gli interni del grattacielo Nakatomi Plaza inquadrati dall'alto e con continui scontri a fuoco) per il primo film, un clone di Virtua Cop per il secondo e un gioco di guida per il terzo. A questo punto l'epidermide dei veterani degli 8 bit mostrerà probabilmente i primi segni di allergia, non senza motivo. Tanto per cominciare, infatti, i tre livelli riescono a essere slegati tra loro quanto quelli dei vecchi titoli Ocean, costituendo in pratica tre giochi separati che, probabilmente per caso, sono finiti sullo stesso CD. La cosa può sembrare poco importante, ma in realtà compromette atmosfera e unità di gioco.

Il primo step si presenta con una idea di base interessante, più o meno in linea con il film di partenza, e con una grafica discreta (ma il personaggio principale è patetico) arricchita da buoni giochi di luce. Il problema è che l'effetto sorpresa dura poco e dopo le prime partite, abbastanza coinvolgenti, ci si accorge che il gioco diventa rapidamente di una noia mortale, tanto che si va avanti quasi controvoglia, solo per riuscire a vedere tutte le ambientazioni. Queste ultime sono strutturate bene, almeno come dettaglio e planimetria, ma alla fine sono l'unica cosa che differenzia tra loro una ventina di livelli in realtà tutti molto simili. Aggiungiamo una visuale talvolta limitata da zone di ombra, per rendere meno impegnativo il lavoro dei chip, e animazioni spesso al limite del plausibile. Nel complesso il primo sottogioco si rivela, insomma, una occasione sprecata.

Per Die Harder abbiamo uno sparatutto in prima persona (un clone di Virtua Cop ambientato al Dulles Airport e strutturato in otto livelli) con un 3D ancora attraente nella sua semplicità e uno scorrimento efficace che, però, qualche volta si dimentica degli avversari fuori dallo schermo, permettendogli di sparare senza poter essere colpiti. Il punto di forza di questa seconda parte è che molti elementi grafici possono essere presi di mira e distrutti, dando luogo a scene spettacolari e cruente, da vero film d'azione. La questione però si complica se non si ha a disposizione una pistola compatibile, come a venticinque anni di distanza succederà praticamente a tutti: il controllo via joypad è infatti buono, ma non riesce a eguagliarne la facilità d'uso. Sparare agli avversari, in questo contesto, può risultare divertente per i primi cinque minuti, ma quando il ritmo degli scontri comincia a salire il puntamento diventa complicato. Gli stessi scenari, per quanto ben realizzati, non riescono poi a raggiungere la complessità di quelli dei Virtua Cop Sega, soprattutto come numero e varietà di bonus e power-up. Tutto sommato le cose vanno meglio rispetto alla prima sezione, ma anche qui la superficialità del gameplay finirà per stancare anche il più spensierato dei giocatori.

Passiamo all'ultima parte, per la quale vi aspetterete che si ripeta l'iter consolidato. E invece questo Die Hard With A Vengeance non è piatto come gli altri due sottogiochi. Si tratta di un racer interessante che anticipa molti tratti di Runabout, titolo Climax celebre per avere portato più di una novità nel mondo dei giochi di guida. Come nel film si corre freneticamente lungo strade urbane più o meno intricate, alla ricerca di bombe a orologeria da disinnescare. Si viaggia sul filo dei secondi tra Harlem, Chinatown, Central Park e Wall Street, in mezzo al traffico di New York, tra tanti power-up e pedoni (alla fine il numero dei disgraziati asfaltati dalla vostra auto può superare quello dei sopravvissuti). Spostarsi in fretta da un punto a un altro, cercando scorciatoie, non è per niente facile perché, anche se l'orientamento viene aiutato da un rudimentale navigatore di bordo, gli ostacoli restano sempre molti a prescindere dal limitato tempo concesso.

La città è realizzata bene dal punto di vista del dettaglio e la grande quantità di elementi con cui interagire dà una sensazione di realismo raramente riscontrabile in giochi di questo tipo. Il numero di poligoni utilizzati e la qualità del texture mapping non possono invece non rivelare l'anzianità del progetto (1996) e i limiti della vecchia macchina Sony. Preoccupa anche il fatto che le auto si comportino come delle berlinone americane afflitte da un pessimo raggio di sterzata, soprattutto in caso di manovre di emergenza. Per fortuna i comandi si rivelano più articolati di quanto inizialmente appare e così, dopo aver preso confidenza con l'uso del freno a mano in curva e con le decine di auto disponibili, la questione cambia. La velocità di scorrimento è buona, le collisioni concedono qualche aiutino, il pop-up nel casino generale si avverte poco e il gameplay così fila liscio come l'olio. Per una volta, poi, le musiche non sono irritanti e le battute di Bruce Willis e Samuel Jackson (sono solo attori che li imitano) suonano autentiche e sensate.

Concludendo, io non riesco a essere severo con questo Die Hard Trilogy. Sarà stata pure una occasione mancata, sarà pure un reperto archeologico pieno di alti e bassi (non pochi, soprattutto nella prima parte) che dimostra ancora più anni di quelli che ha, ma per qualche oscuro motivo è rimasto nelle mie simpatie. Nella pila di giochi per PlayStation staziona da sempre nelle posizioni più alte, e come ho imparato col passare del tempo, non può essere un caso.

[NO1]


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