Sega Saturn
Guardian Heroes
Sega | Treasure | Tetsuhiko Kikuchi | Masaki Ukyo | Mitsuru Yaida | Katsuhiro Hasegawa | Masato Maegawa
15 11 2020
Era il 96 e i picchiaduro mi avevano scassato gli zebedei (rima non cercata). Il solo menzionare il termine picchiaduro mi provocava ispessimento della mucosa faringea e blocco della respirazione. Non ne potevo più di picchiaduro. Picchiaduro a incontri, a scorrimento, fantasiosi o rigorosi, bi o tridimensionali, almeno per me era sempre la stessa zuppa. Pochissime eccezioni: mi venivano in mente Streets of Rage, Street Fighter II, Virtua Fighter e... poco altro. I meccanismi di gioco erano sempre gli stessi e per farli evolvere o per riassestarli ci volevano dei geni, un po' come era stato Frank Zappa per il rock. Ma, guarda un po', i tizi di Treasure questo erano, in quel particolare momento: dei geni con il coraggio di Zappa e con il tocco di Re Mida, in grado di trasformare in metallo prezioso qualsiasi cosa capitasse nelle loro mani, incluso un picchiaduro. E con Guardian Heroes andarono oltre le aspettative.
Devo rimarcarlo ogni volta, ma è perché penso che oggigiorno pochi se ne ricordino: tra le software house di quei lontani anni Treasure occupava un posto a parte, borderline ma di autentico prestigio. Basta considerare i giochi prodotti a cavallo degli anni novanta (Gunstar Heroes, Dynamite Headdy, Bangai-o, Light Crusader, Radiant Silvergun e il mio favorito, questo Guardian Heroes). I motivi della mia ammirazione per Guardian Heroes erano molteplici, ma la cosa che mi intrigava di più era il rifiuto di seguire le leggi della logica mercantile. Già il fatto di essere in origine una uscita esclusiva per Saturn rappresentava una cosa di una audacia suicida, ma il recupero ostinato di una grafica bidimensionale, già allora fuori moda, lo era ancora di più. Il tentativo di inserire i meccanismi di un gioco di ruolo all'interno di un picchiaduro chiudeva il cerchio. Tutti sorpresi da una produzione tanto originale? Direi di no, per un paio di motivi. I seguaci di Treasure erano abituati a standard elevati (magari non così elevati) e si aspettavano il solito capolavoro stravagante. Gli altri, la grande maggioranza, con un mercato Saturn annichilito dallo strapotere PlayStation, non restarono sorpresi per il semplice motivo che non si accorsero nemmeno dell'esistenza di Guardian Heroes. Che è rimasto un titolo di nicchia, un qualcosa di mitico di cui parlare e da recuperare in caso di attacchi di nostalgia.
Oggi come oggi sono in effetti pochi quelli che possono dire di averne salvato una copia o addirittura di averci giocato ai tempi. Ed è un peccato, perché Guardian Heroes è ancora qualcosa di speciale, sia in rapporto alla sua anzianità sia in assoluto. Molto del fascino gli deriva dall'essere figlio dei suoi tempi, con una grafica bitmap portata agli estremi dell'efficienza e quella intensità tipicamente Treasure in grado di mettere fuori uso i pollici di qualsiasi giocatore odierno. Ma molto deriva dall'essere uno dei beater/slasher a scorrimento più coinvolgenti di tutti i tempi e amen. Semplicemente perché l'approccio è senza sbavature, con comandi impeccabili, animazioni puntuali, movimenti di attacco e difesa, spade, fireball, combo in stile Street Fighter II e magie. Oppure perché le variabili di gioco sono tante, con cinque protagonisti molto differenziati come caratteristiche, con un guerriero fantasma come aiutante controllato indirettamente, con decine di avversari diversi da affrontare (in tutti i casi l'intelligenza artificiale sorprende per l'efficienza) e anche con qualche sorpresa.
Quando si passa da una ambientazione a un'altra, per esempio, è possibile scegliere itinerari diversi, il che comporta variazioni del corso del gioco e cambiamento di avversari, con trenta livelli disponibili e sette finali alternativi (almeno che io sappia). Da considerare che nel Versus Mode (multiplayer a incontri diretti, disputati all'interno di arene e in grado di coinvolgere anche sei giocatori in una rissa gigante, se si ha a disposizione un adattatore) gli avversari sconfitti possono poi essere riutilizzati come combattenti, con una caratterizzazione che non ci si aspetta da personaggi secondari. Già solo questo rappresenta un incentivo a ripetere il gioco e a percorrere tutti gli stage disponibili. L'atmosfera è quella di un gioco di ruolo action, favorita dal classico meccanismo di accumulo di punti e di passaggi di livello dei personaggi, da una trama medieval-fantasy con tanto di cavalieri, re e spada nella roccia e anche da un character design e dialoghi per niente banali. Non abbastanza per poter parlare di vero role playing game, con una sceneggiatura plausibile ed esplorazioni annesse, ma a sufficienza per insaporire un piatto già ricco in partenza.
Un po' picchiaduro a scorrimento, un po' a incontri, un po' RPG, Guardian Heroes aveva quindi le carte in regola per riuscire a rappresentare un caso a sé in un tempo in cui i giochi erano tutti simili. Ma un altro punto di forza è rappresentato dall'impatto grafico e sonoro. Quasi a rappresentare ufficialmente quella che doveva essere una caratteristica basilare del Saturn (la gestione evoluta dei giochi in 2D) Guardian Heroes fa della bidimensionalità il suo manifesto, già a partire dalla esemplare introduzione in stile anime anni novanta. Molto colorato, spettacolare come sprite e scenografie (qualche spixellamento di troppo come accadeva col 2D elaborato a 32 bit), meno frenetico di altre produzioni Treasure, ma comunque parecchio veloce, questo è un beater che portava sullo schermo molto di più di quanto eravamo abituati a vedere, letteralmente. In certi momenti sembra di essere alla sagra dei fuochi artificiali, con decine di sprite, esplosioni, magie, scritte ed effetti speciali che vanno e vengono senza nessun rallentamento (e quella esaminata è una copia PAL, quindi più lenta di una NTSC).
In circostanze come queste il rischio di annegare in una confusione totale è grande, ma è proprio qui che viene fuori il talento particolare dei programmatori Treasure. Grazie alla pulizia di grafica e gameplay anche i giocatori occasionali riescono infatti ad andare avanti senza grattacapi significativi (ci sono troppi continua da utilizzare, forse). Da segnalare che l'ottima parallasse, con i piani dei fondali che scorrono una sopra l'altro dando una sensazione di tridimensionalità, si accoppia con lo spostamento in avanti e indietro dei personaggi lungo la profondità degli scenari: effetto zoom non solo spettacolare, ma anche importante per il combattimento, sia in fase di difesa che di attacco. Niente da eccepire anche sulla colonna sonora, una delle migliori rintracciabili su Saturn: i temi musicali non saranno tutti epici, ma sono comunque gradevoli, numerosi e orecchiabili, mentre gli effetti audio svolgono il loro lavoro con puntualità. Ho detto anche troppo: il succo è che Guardian Heroes nel suo campo è un capolavoro in grado di mettere in mutande qualsiasi concorrente, anche oggi. Entusiasmante, invecchiato benissimo, basta da solo a far capire che il motto coniato per il Saturn (sostanza sopra tutto) non era solo un modo di dire.
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