Sega Mega Drive
Phantasy Star: The end of the millennium
Sega
01 06 2020
In un mondo che guarda al remake di Final Fantasy VII come a un nuovo messia bisognerà pure riconsiderare la nostra posizione riguardo ai giochi di ruolo classici, quelli basati su turni alternati e sulle statistiche dei personaggi. Prodotto tipicamente giapponese, quasi come il sushi, questa variante sul tema Role Playing Game risale ai tempi dei tempi, con un meccanismo derivato direttamente dai giochi da tavolo, quelli che ricorrevano a dadi, figurine e labirinti in cartoncino, in stile Dungeons & Dragons. La nostra opinione al riguardo, appunto, non è mai stata troppo benevola (la quota folle di combattimenti, la loro frequenza, la lentezza di molte fasi di gioco potevano provocare effetti da farmaco ipnotico). E allo stesso modo non siamo stati del tutto obiettivi nei confronti dei vecchi portabandiera del genere, soprattutto se troppo in linea con la tradizione.
Alla metà degli anni novanta si era però raccolto un piccolo gruppo di titoli a 16 bit che, pur non rinnovando nessuno dei cliché del genere Role Playing Game, era riuscito comunque a raggiungere livelli qualitativi molto elevati, finendo per rappresentare un esempio per le successive generazioni di giochi simili. Mi viene in mente la serie Lunar, quella Dragon Quest e i Phantasy Star. Tutti con una poderosa storia di base, quasi una cosmogonia dipanata lungo un lustro pieno di successi commerciali (esistono manuali, CD e gadget che recuperano oscure fasi di gioco, musiche e personaggi, con una attenzione sconosciuta dalle nostre parti). I Phantasy Star, nello specifico, rappresentano ancora di più un caso a parte. Fedeli ai canoni tradizionali fino alla esasperazione (il primo Phantasy Star vanta forse il record mondiale degli scontri casuali non evitabili), non particolarmente attraenti dal punto di vista della spettacolarità, questi prodotti orgogliosamente Sega hanno però sempre avuto un seguito enorme tra gli addetti ai lavori e tra il pubblico delle console Sega, fino a rappresentare una delle pietre miliari della casa giapponese e a reggere il confronto con i Final Fantasy a 16 bit.
Il perché lo spiega bene questo Phantasy Star: The end of the millennium (1994 in Occidente, Phantasy Star IV sulla confezione e anche qui d'ora in avanti), forse il migliore della serie. A fronte di un tratto grafico gradevole e moderno per i tempi, ma non particolarmente ricco o differenziato, questo ultimo capitolo della saga (il successivo Phantasy Star Online per Dreamcast non riprenderà la storia del disastrato sistema solare di Algo) rimane un gioco estremamente solido, con pochi difetti e attentamente costruito, come si può notare anche in questa edizione per il mercato occidentale. La traduzione in inglese per una volta non si rivela infatti una paccottiglia di frasi tutte uguali e banali (forse perché è accurata) e questo aiuta a tenere in piedi una sceneggiatura adulta e coinvolgente, come quella di un film o di un anime venuto bene. Merito anche delle belle scene di intermezzo, in piena atmosfera manga, che indirizzano la storia nei momenti più topici e arricchiscono la quota già enorme di dialoghi presente in tutto il gioco. Le esplorazioni, poi, pur non essendo del tutto libere, non sono nemmeno fermamente vincolate allo sviluppo della trama, il che regala una gradevole sensazione di libertà ai viaggi del gruppo dei protagonisti lungo le varie mappe 'open world' (mappette disegnate in modo elementare ma anche molto articolate).
Le cose partono un po' sul versante facile, con combattimenti quasi dimostrativi, tanto per illustrare anche ai principianti una meccanica di gioco semplice ma piena di sottigliezze strategiche; tra l'altro, anche se la frequenza dei match bellici è sempre fastidiosa, la possibilità di fuga arriva al novanta per cento e oltre, il che rende più veloce un gameplay comunque scorrevole. La loro rappresentazione grafica è poi tra le migliori del tempo, con una visuale che inquadra il team protagonista da dietro, con sprite grandi, ottime animazioni, veicoli, morphing dei mostri mutanti e con fondali coerenti con le diverse ambientazioni. Andando avanti le cose si complicano e la dose di pazienza necessaria per progredire diventa proverbiale. Proprio l'impostazione tradizionale del gioco richiede infatti una continua crescita delle abilità dei personaggi (come anche una sempre maggiore caratterizzazione delle loro personalità, descritte con una profondità difficilmente rintracciabile in altri videogiochi), pena uno stato di inferiorità nei confronti di avversari sempre più pericolosi. Il che a sua volta comporta non solo una mancata evasione dai combattimenti ma, al contrario, una loro ricerca, anche per la necessità assoluta di acquisire soldi (Meseta) per comprare poi oggetti e armi nelle decine di città incontrate lungo il cammino.
Da non trascurare poi il fatto che, data la natura semilibera delle esplorazioni, si può sempre incappare in un labirinto particolarmente insidioso (non per la topografia, sempre abbastanza lineare), con avversari in grado di annullare ogni difesa dei protagonisti anche con un solo colpo: questo è uno di quei pochi veri difetti di Phantasy Star IV di cui parlavamo all'inizio. Il sistema dei comandi è invece esemplare, con una navigazione rapida tra menu semplici ma molto funzionali e con una impostazione simile a quella dei precedenti episodi. Le stesse numerose combinazioni di attacco, potenzialmente complicate da gestire, possono essere organizzate in un unico comando, da utilizzare al volo senza tornarci sopra ogni volta. La qualità della programmazione, affidata a un team monstre per numero di partecipanti ed esperienza, si riflette anche in dettagli secondari, come l'interattività con gli scenari, magari non fondamentale ma lontana dalla sgradevole passività di altri titoli analoghi. La stessa colonna sonora ha pochi punti deboli: oltre ad accompagnare puntualmente le tante diverse situazioni è anche sorprendente dal punto di vista tecnico, e questo per un gioco per Mega Drive non era certo un fatto scontato. Liscio come un biliardo, facilmente accessibile, strategicamente profondo e anche duraturo (non della stessa categoria di Guerra e Pace, comunque e per fortuna), Phantasy Star IV resta insomma un capolavoro che ancora oggi si lascia giocare con piacere. Imperdibile per tutti gli amanti del genere e per i coraggiosi in vena di avventure.
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