Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Sega Mega Drive
Beauty and the Beast: Belle's Quest
Sunsoft | Software Creations | Brian Ullrich | John Pickford | David McLachlan | René Boutin | David Siller | Dean Lester | Patrick Gilmore | Peter Andrew
27 05 2019
Ho l'impressione che il pubblico Disney non sia più quello di una volta. Più che una impressione direi anzi che è una certezza. Il periodo d'oro delle favole e delle avventure innocue è passato da tempo e il target non è più prevalentemente preadolescenziale (oggi anche quello sembra tutt'altro che ingenuo). Il viaggio verso una evoluzione adulta dei contenuti è stato comunque lungo e tra le tante tappe dobbiamo inserire anche le sortite nel campo dei videogiochi, quelle che ci riguardano direttamente. In questo senso il momento chiave è stato quello dell'avvento dei 16 bit, tecnologia finalmente in grado di realizzare giochi all'altezza della tradizione Disney e di fare emergere programmatori in grado di collaborare in con la casa madre, in pieno o solo dietro licenza.
Non tutte le ciambelle riuscivano col buco, però, nonostante uno standard di solito elevato. Con le pressioni del marketing che non guardavano in faccia a nessuno e giochi lanciati sul mercato solo per soddisfare le esigenze del momento ci si poteva ritrovare con produzioni affrettate o messe insieme con superficialità. Nel caso di Beauty and the Beast si può addirittura parlare di buco senza ciambella, tale è la nullità dei due giochi che accompagnavano l'ancora caramelloso cartoon movie. Uno (The Roar of the Beast) è terribile, ma l'altro (questo Belle's Quest) riesce forse a essere peggiore. Belle's Quest (Software Creations/Sunsoft, 1993) doveva essere indirizzato a ragazzini e ragazzine (!) e cercava strade alternative rispetto a quelle dei soliti platform di derivazione cinematografica. Combinazione di solito pericolosissima già con tutta la buona volontà disponibile, ma che qui non lascia scampo.
Breve, difficile da giocare per motivi del tutti involontari, impostato come un'avventura solo a parole, con una colonna sonora fedele all'originale ma tecnicamente antidiluviana, il gioco Sunsoft ha su tutti (inclusi ragazzini/e) l'effetto che solo i peggiori titoli riescono ad avere: stupefazione ("Ma è poi tutto qui?"), inutile sensazione di sfida ("Ma è possibile che crepo sempre nello stesso punto?") e alla fine rigetto e rimozione totale. Si passa da una prima sezione che ricorda solo in superficie i giochi di ruolo a un passaggio nei boschi reso irritante dalle collisioni imperfette, per arrivare a un paio di simil-dungeon noiosi e piatti e a una parte finale in cui Belle guida il suo cavallo attraverso i boschi saltando su piattaforme ed evitando ostacoli. Tutto qui. A parte un 'bonus stage' i livelli sono in tutto quattro e i peggiori sono quelli che durano di più, a testimonianza della sciatteria con cui sono stati costruiti. Belle si sposta lentamente, non ha nessun tipo di attacco, ha movimenti limitati e nonostante questo si ritrova con nemici che può affrontare solo saltando o inchinandosi. La casa madre Disney era rimasta ai margini di questa catastrofica produzione, preoccupandosi essenzialmente della bella realizzazione grafica, ma questo non la assolve del tutto. La cosa più sconcertante è che il team di sviluppo capitanato da Brian Ullrich era composto da una cinquantina di persone (!) e da nove tester (!!). La scritta finale "Thanks for playing" non è abbastanza e non ripaga dei danni morali subiti le eventuali vittime di tale disastro.
[NO1]