Nintendo Super NES
PGA Tour 96
Electronic Arts | Black Pearl | THQ | Halestorm | Polygames | Matt Schneider | Brett G. Durrett | Brian Hales
17 06 2018
Pantaloni improbabili, station wagon e macchine sportive nel parcheggio, 'upper class' ai tavolini del club, uccellini che cinguettano, ferri e legni in grosse sacche Wilson, caddie, bogey e birdie. Sì, si tratta di golf. E quando il golf è ricostruito con tanta precisione, come atmosfera e caratteristiche, non può che essere quello che negli anni novanta dominava il panorama delle console, quello cioè di Electronic Arts/Polygames, diffuso poi su ogni altra macchina con riedizioni sofisticate ma progressivamente imbastardito da una inutile involuzione.
Quello che lo rendeva grande ai tempi era la sua semplicità: PGA Tour Golf era uno dei pochissimi giochi che vostra zia poteva comprendere e giocare, magari con risultati decenti. I comandi di base erano pochi e generalmente precisi: di conseguenza organizzare partite anche a quattro era una questione di minuti, con un coinvolgimento garantito che durava anche ore. Questo però non vuol dire, come spesso succedeva con le simulazioni EA, che si rinunciasse a una complessa articolazione: i comandi fondamentali sono pochi, ma il catalogo di sottigliezze presenti è esemplare, con una ricostruzione sorprendente di tutti gli aspetti dello sport vero (insomma non proprio tutti, ovviamente, ma teniamo anche conto dell'epoca e delle limitazioni tecniche). A dire la verità PGA Tour 96 (Super Nintendo, 1996) uno sforzo in senso tecnico lo fa con l'introduzione in cartuccia del superchip SA1, in grado di aumentare la resa grafica e la velocità di calcolo. Di questo sforzo però non è che si ritrovi traccia: impatto visivo e velocità restano inferiori a quelli delle versioni Mega Drive, per non parlare del fatto che Sega con l'omonimo titolo del 96 si era avventurata in pieno nella rivoluzione 3D, con una modifica quasi radicale delle impostazioni di gioco.
Il PGA Tour 96 per Super Nintendo rimane invece pericolosamente vicino a quello che era il primo PGA, come bidimensionalità, sprite, panorami e menu, come resta vicino al quasi concomitante PGA European Tour, confermando tra l'altro una certa confusione di base anche per quanto riguarda il marketing della casa distributrice THQ. E infatti questo gioco, come quasi tutti gli altri targati Electronic Arts ma usciti nella fase terminale delle macchine a 16 bit, soffriva dell'affidamento del progetto a THQ e ai suoi partner Black Pearl (e Halestorm), con i consueti problemi di programmazione affrettata. In particolare questa versione Nintendo accusa qualche rallentamento di troppo e qualche indecisione dei comandi, spesso fatale in un ambito come questo. Niente che non si possa superare con un po' di pazienza e adattamento, ma, insomma, non si capisce a cosa sia servito il superchip SA1 (forse a tenere alto il prezzo, che al tempo arrivava a 140.000 lirette!).
Per il resto ritroviamo il consueto corredo enorme di opzioni, campi da golf, competizioni singole e non, inquadrature di tutti i tipi, un po' di render sugli sprite e una decina di professionisti del circuito. Se proprio si deve andare per il sottile, però, non si riesce a capire come mai non si possa giocare in prima persona proprio con uno dei professionisti presenti, come anche non si può non notare una certa confusione nell'organizzazione dei menu. La colonna sonora resta quella di sempre, con qualche musichetta da cocktail bar e qualche cinguettio sparso, mentre la varianti più innovative, come quella dell'utilizzo di una mazza da golf virtuale al posto del joypad, restarono limitate al mercato americano e alle versioni NTSC, senza nessuna compatibilità possibile con quelle europee. Insomma: non siamo al solito pasticcio Black Pearl (anche perché il materiale di partenza è troppo buono), ma la sensazione di scarsa rifinitura c'è tutta, purtroppo per il Super Nintendo.
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