Nintendo Super NES
Chrono Trigger
Square | Kazuhiko Aoki | Yoshinori Kitase | Akihiko Matsui | Takashi Tokita | Katsuhisa Higuchi | Masato Kato | Keizo Kokubo | Yuji Horii | Hironobu Sakaguchi
29 09 2017
C'era un tempo in cui l'ispirazione dei programmatori Square era grande quanto la reputazione del marchio. La regolarità con cui si arrivava al capolavoro, o almeno a qualcosa di importante, non è stata replicata negli ultimi vent'anni da nessun'altra compagnia e, se è per questo, nemmeno dalla nuova Square. La densità di produzioni eccellenti lanciate nei primi novanta dalla casa di Tokyo si intuisce già dalla difficoltà a elaborarne una classifica di merito, anche soggettivamente parlando. È meglio, per me, Secret of Mana, Final Fantasy o Chrono Trigger, per non parlare dei titoli a 32 bit? Ancora più difficile stilare una classifica oggettiva. Alla fine si va a simpatia, senza paura di sbagliare perché l'impressione generale spazia al massimo tra incredulità e ammirazione.
E la sensazione che si prova nei primi quindici minuti di Chrono Trigger (1995) è appunto di ammirazione. Come non meravigliarsi, in effetti, di fronte al suo prologo, esemplare sia dal punto di vista tecnico sia da quello della capacità di introduzione. Il tocco da maestro (allo sviluppo Hironobu Sakaguchi, Yuji Horii e Akira Toriyama, reduci dai vari Final Fantasy, Dragon Quest e Dragon Ball e quindi fino ad allora solo rivali, con Kazuhiko Aoki come responsabile del progetto già dal '93 e un team di una cinquantina di vecchie volpi alle spalle) si vede già nelle prime fasi, grazie soprattutto a un 'character design' che molti giochi odierni dovrebbero solo invidiare. La storia comincia intorno all'anno mille in un villaggio, sede di una Fiera del Millennio in grado di richiamare gente da tutte le parti. In mezzo a padiglioni e bancarelle il protagonista, il quasi muto Crono, incontra un'affascinante biondina, Marle, arrivata alla Fiera non si sa da dove. L'irrefrenabile fanciulla si fa però coinvolgere in un tentativo di teletrasporto da baraccone, organizzato dalla ragazza prodigio Lucca, con risultati disastrosi. Marle non viene teletrasportata dal difettoso Telepod e sparisce lasciandosi alle spalle solo un misterioso ciondolo: Crono decide così di affrontare lo stesso esperimento, ritrovandosi proiettato indietro di trecento anni, in un castello in cui la ragazzina ha assunto, non si sa ancora come e perché, il ruolo di principessa, per scomparire poi un'altra volta.
Qui cominciano i guai e i salti nel tempo del nostro eroe, accompagnato da un pugno di amici tra cui la Lucca di cui sopra, inizialmente alla ricerca di Marle ma poi coinvolto in una vicenda più grande di lui. Lo si capisce al primo viaggio nel futuro quando ci si rende conto della avvenuta devastazione della civiltà: il responsabile dell'apocalisse è un parassita alieno, Lavos, distruttore seriale di mondi e da tempi immemorabili nascosto nelle profondità del sottosuolo. La missione cambia allora in modo radicale: si tratta addirittura di modificare il destino della Terra intervenendo in momenti cruciali di varie epoche, grazie anche alla possibilità acquisita di passare da un'era a un'altra a piacimento. Il loro comportamento potrà mutare il corso della storia e per alcuni versi l'andamento del gioco. Ed è qui che Chrono Trigger si allontana sia dalla linearità dei giochi di ruolo, spesso incanalati in una sequenza rigida di missioni e battaglie, sia dalla banalità del tema 'viaggio nel tempo'. E dato che, in fondo, i giochi di ruolo non fanno altro che raccontare una storia, ma un po' come potrebbe succedere in un film interattivo, un racconto meno prevedibile del solito può diventare un fattore decisivo nelle mani di uno sceneggiatore.
Masato Kato, coadiuvato dallo stesso Sakaguchi con briefing quotidiani, non ha però potuto inserire un numero davvero elevato di variazioni della trama, dei dialoghi e dei dettagli del gameplay (non scordiamoci che siamo in presenza di cartucce con capacità di memoria infime), puntando invece sulla possibilità di ottenere diversi finali (tredici) basandosi per lo più sulla modalità dello scontro col nemico principale. Scontri che, forse anche per la natura astratta del personaggio, non riescono a raggiungere il tono epico dei finali di altri titoli simili. Questo è forse il maggior difetto di Chrono Trigger, agli occhi di un giocatore moderno: se una volta la curiosità poteva spingere a ripetere più volte il gioco solo per vedere nuovi finali (e qui esiste un'opzione che facilita le repliche), oggi si pretendono sceneggiature più articolate già di base, magari con storie parallele ed enigmi intrecciati. Ma è un difetto ingiustamente attribuito: sarebbe come aspettarsi, in un altro campo, dialoghi secchi, ritmi serrati ed effetti speciali da un filmone impareggiabile come Lawrence d'Arabia, appartenente però a tutt'altra epoca e a tutt'altri modi di riferirsi al pubblico. Tant'è vero che, nel nostro caso, sarebbe poi bastata una versione riveduta per Nintendo DS del nostro Chrono Trigger, con una nuova traduzione al posto di quella del solito Ted Woolsey (che nel '95 era stato costretto a portare a termine la pratica in trenta giorni), dialoghi più sensati, 'cut-scene' di raccordo e un parziale allungamento della storia per rendere il tutto ancora attuale.
Gioco dal pedigree solidissimo e di grande popolarità (miglior gioco in assoluto del Super Nintendo per GameFAQs, diciottesimo gioco di tutti i tempi e per tutti i formati per IGN, tra i vari pareri, per non parlare dell'entusiasmo scatenato tra stampa e pubblico al momento della sua uscita), Chrono Trigger deve molto a un'impostazione grafica incredibile per quei tempi, realizzata a partire dagli sketch di Toryiama con scenografie indimenticabili e sprite tra i migliori del Super Nintendo, come pure alla bella colonna sonora di Yasunori Mitsuda, compositore allora all'esordio ma successivamente impegnato in Chrono Cross, Xenogears e Mario Party. Tutte e due, grafica e colonna sonora, spostano in avanti i limiti presunti del Super Nintendo e, se è per questo, anche quelli dei 16 bit in generale. Ma la vera differenza la fa il gameplay, scorrevole e innovativo. Derivato dall'Active Time Battle System già visto in Final Fantasy, il meccanismo dei combattimenti non si basa solo sugli attacchi a turni rigidi presenti in dozzine di giochi di ruolo giapponesi, ma concede molto sia al tempismo con cui deve intervenire il giocatore sia alla velocità attribuita ai personaggi. Il che, grazie anche alle novità della localizzazione degli scontri sui paesaggi esplorati e della diminuzione degli incontri random coi nemici, rende meno ossessivi i ritmi e avvicina l'atmosfera a quella degli RPG d'azione, mantenendo però tutta la profondità voluta dal pubblico più attento.
I menu di Chrono Cross sono in effetti all'altezza della tradizione Square, sia dal punto di vista dell'articolazione che da quello della chiarezza. Basta però dare un'occhiata ai tanti 'walkthrough' presenti in rete per capire che alla facilità d'uso non si accoppia la superficialità di un tipico gioco action: tra tecniche specifiche dei personaggi, oggetti, barre di energia a tempo, composizioni del team, equipaggiamenti, posizionamenti in battaglia, attacchi multipli e combinati, l'impressione è quella di un gioco attentamente studiato, con un livello di difficoltà che non permette un uso insulso dei comandi ma richiede al contrario un ragionamento continuo su strategie e tattiche da adottare, caso per caso. Il problema piuttosto riguarda la dose in cui viene elargito tutto questo: Chrono Trigger non è un gioco particolarmente esteso, con una durata che si aggira sulle venticinque ore e quindi non in grado di competere, in questo senso, con romanzoni epici come i vari Final Fantasy. Al contrario di tanti altri casi, però, l'intensità dell'ispirazione rimane costante e lo spettacolo non cede nemmeno nelle fasi più avanzate. In somma, difficile non restare coinvolti, anche per l'occhio distaccato di un giocatore dei nostri giorni. Troppi i punti di forza e troppo pochi i peccati veniali per non considerare Chrono Trigger come la pietra d'angolo di tutta una generazione di giochi.
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