Commodore 64
Tusker
System 3 | Duncan Meech
06 12 2015
Se chiudo gli occhi posso quasi partecipare al brainstorming dalle parti di System 3, durante la pianificazione di Tusker.
Uomo del mistero 1: "Hey ragazzi, Indiana Jones torna al cinema anche quest'anno, non sarebbe fantastico cavalcare l'onda e creare un gioco ispirato al personaggio? Tanto l'unica concorrenza l'avremmo dall'atroce conversione di Temple of Doom. Vecchia di due anni e firmata US Gold, davvero non possiamo sbagliare". Uomo del mistero 2: "Non lo so, abbiamo anche Myth in uscita questo Natale e abbiamo già diffuso da mesi le schermate di Vendetta, non è che rischiamo di saturare il mercato? Stan Schembri ci dà fuoco se gli chiediamo di realizzare un nuovo motore isometrico in tempo zero". Uomo del mistero 1: "No, ma che, togliamo l'isometria e manteniamo solo la profondità di movimento, come quel gioco che va fortissimo nelle sale giochi, quello lì, Double Dragon. La grafica la facciamo disegnare a un po' di gente tra cui Hugh Riley, ché Bob Stevenson ce lo siamo giocato su Myth e priviamo Matt Gray della sua ora d'aria, così gli facciamo scrivere la musica". Uomo del mistero 2: "Oh, lo sai che mi hai convinto? E il personaggio come lo chiamiamo?".
Eh, boh? Il protagonista di Tusker non ha nome; il manuale parla di tuo padre, di come sia stato trovato mutilato su una zattera dopo aver ficcato il naso più del dovuto nell'ultimo grande segreto del continente nero, il leggendario cimitero degli elefanti, ma non si prende mai la briga di dare un nome all'eroe di Tusker. Lui non ha un nome come il ninja Armakuni, ma del resto Tusker non è The Last Ninja. Tusker è breve, con soli tre livelli che completi in un quarto d'ora circa, tagliando fuori i caricamenti e sapendo cosa fare. Non ha neppure un sistema di combattimento particolarmente raffinato, con il coltello che basta e avanza per uccidere con un solo colpo qualsiasi cosa si pari avanti all'eroe, rendendo ridondanti le altre armi, tranne nei puzzle che le richiedono.
Seriamente, a cosa stavano pensando? Perché far trovare una pistola con proiettili limitati quando spingere in alto il joystick con il tasto di fuoco premuto permette di lanciare rapidissimi, infiniti pugnali che uccidono qualsiasi cosa all'istante? Anche le meccaniche originali non sono sfruttate a dovere e con costanza, come la borraccia da riempire costantemente per evitare di morire di sete destinata a rimanere quasi del tutto all'asciutto nel secondo livello, costringendo l'anonimo protagonista a una corsa sfrenata tra nativi inalberati per evitare la disidratazione. Diavolo, alcuni oggetti rinvenuti durante la breve avventura non verranno mai usati e questo non fa altro che alimentare un dubbio che mi porto dietro da sempre. Sì, secondo me lo sviluppo di Tusker è stato affrettato, magari proprio per andare incontro all'uscita cinematografica de L'Ultima Crociata, nell'autunno del 1989, evitando anche di entrare in concorrenza con Myth, già che siamo nel regno delle supposizioni. Dopotutto nel numero 7 di K, targato Giugno 1989, si parla di un paio di false partenze che hanno piagato il gioco, con una schermata dove si intravedono nemici tagliati via dal prodotto finale, come i cinghiali selvatici.
Eppure, nonostante tutto, a Tusker continuo a voler bene. Sarà la solita ottima colonna sonora di Gray, con quella marcia nel primo livello che a distanza di oltre cinque lustri non si dimentica, oppure la grafica che faceva il suo lavoro, lontana dalla ricchezza di particolari di un Last Ninja 2 e orfana dell'isometria che aveva trasformato le avventure di Armakuni in un dipinto a otto bit in movimento, tuttavia pregevole nelle movenze dell'anonimo protagonista e nella rappresentazione di avversari un attimo più esotici, come gigantesche piante carnivore e bestie preistoriche che fanno tanto Where Time Stood Still. Un gioco che - apro e chiudo una rapida parentesi - su Commodore 64 i Denton Designs ci hanno negato, ma le cui atmosfere abbiamo potuto vivere proprio grazie a Tusker. L'avventura che porta al cimitero degli elefanti è tutto sommato un gioco System 3 discreto, il che equivarrebbe al capolavoro di una vita per software house meno prestigiose. Se fosse stato sviluppato da Tiertex avremmo subodorato il pesce d'Aprile senza pensarci due volte, per dire. Non ha la longevità a lungo termine di un International Karate, la complessità di The Last Ninja o la cura per i particolari di Myth, tuttavia è il più bel gioco a tema Indiana Jones che abbiamo mai avuto il piacere di giocare sul re degli otto bit, nonostante i difetti. In fondo per essere ricordati con affetto basta lasciare un bel ricordo, senza aspirare necessariamente alla perfezione. Quella lasciamola all'ultimo ninja.
[Dan Hero]