Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Sega Mega Drive
The Immortal
Electronic Arts | Will Harvey
07 11 2005
The Immortal è stato per molto tempo uno dei miei giochi preferiti. Duro, originale, con una giocabilità che portava a spendere intere serate solo per risolvere uno degli enigmi di cui era disseminato, è rimasto per tutta l'era dei 16 bit un esemplare atipico di gioco adulto o perlomeno indirizzato ad una audience non necessariamente prepuberale.
Esempio unico di avventura dinamica su Megadrive (alti titoli analoghi, come Story of Thor o come Light Cusader, avevano un ritmo più intenso e meno cinematografico, non fosse altro per la frequenza elevata dei combattimenti e la natura degli ostacoli), The Immortal arrivava nel 1991 dritto dritto dal catalogo Amiga, vera miniera di conversioni destinate alla console Sega. Ambientato in un dungeon a più piani (una decina, se la memoria dopo tanto tempo non mi inganna), The Immortal è anche parecchio distante dalle atmosfere di un archetipo come The Legend of Zelda, soprattutto per un problema di dimensioni, con un'ambientazione che ruota intorno ad un unico insieme di sotterranei e che si allontana quindi dalla creazione di un'area di gioco allargata, in cui ricercare indizi sparsi e affrontare nemici continuamente riaffioranti, come appunto succede in Zelda. Qui invece non si tratta di rintracciare oggetti preziosi, rivendicarne il possesso dopo eventuale combattimento con il boss di turno e portarli ad altra destinazione, quanto piuttosto di ricorrere alla logica o alla ricerca paziente per risolvere continui problemi, apparentemente insuperabili, e progredire nella discesa verso i livelli più profondi della prigione-labirinto.
Programmato da Will Harvey e soltanto editato da Electronic Arts, The Immortal rappresenta bene anche una fase in cui EA ancora non si affidava massicciamente ai propri team interni (lo stesso Will Harvey aveva ad esempio già ideato per i tipi di EA l'altrettanto originale Zany Golf, sempre per Amiga e Megadrive), il che bene o male comportava una maggiore diversificazione della offerta della software house californiana. Rispetto alla versione Amiga qui viene mantenuta la visuale isometrica dall'alto (che verrà spesso ripresa in altri titoli di Electronic Arts, come il di poco successivo Haunting), mentre i combattimenti vengono invece inquadrati con inedite zoomate (il che ne cambia la natura, affidandone l'esito soprattutto a difficili schivate e contrattacchi) e caratterizzati da una nuova serie di decessi spettacolari (abbastanza vicini alle sanguinose fatality di Mortal Kombat). La realizzazione degli ambienti di gioco rimane quasi perfetta, non tanto per un particolare exploit grafico quanto per una atmosfera medievale riprodotta in maniera pienamente credibile (e aiutata da una colonna sonora in sintonia con la natura claustrofobica della storia, ma non aiutata, purtroppo, da uno scrolling poco fluido).
Anche il livello di difficoltà è ben calibrato, con una fase iniziale in cui già si chiarisce quale sarà la natura degli ostacoli (botole che ti inghiottono, mostri invisibili, vermi giganti che spuntano dal pavimento e soluzioni degli enigmi che non sono mai le prime che vengono in mente) e che prepara a quanto di più complicato si dovrà affrontare durante la ricerca del mago Mordamir (bisognerà armarsi di pazienza per aprire passaggi segreti, ricercare e combinare oggetti, superare rapide e sopravvivere a livelli popolati da ragni giganti). Abbiamo detto della minore ampiezza dell'area di gioco rispetto ai soliti RPG-adventure - questo non comporta però una longevità compromessa, o almeno non del tutto: quello che The Immortal perde in varietà di ambientazioni lo guadagna infatti in complessità di situazioni, con un gameplay basato sul ragionamento (senza essere cervellotico), sull'acquisizione di indizi (i dialoghi non sono mai fini a sé stessi) e sulla ripetizione di tentativi (che comportano anche una abilità manuale non da poco).
Nato in un periodo in cui abbondavano i giochi di azione (e su una console che ne privilegiava ulteriormente la presenza), The Immortal appare quindi un caso unico di avventura giocata su ritmi lenti e dedicata a chi ama storie solidamente strutturate e affidate più al ragionamento che al joypad: già solo per questo (e non solo filologicamente parlando) potrebbe ancora rappresentare per molti una vera sorpresa.
[NO1]