Dopo aver fondato A.Rea. 21 insieme a NO1 e
LH3CT, Shrapnel ha svolto il lavoro di mantenimento
del sito fino alla chiusura dello stesso e ne ha poi
curato la riapertura. Ha scritto su Super Console, Mega
Console, Videogiochi e PSM, ha gestito per due anni e
mezzo un negozio di videogiochi e ha lavorato come
game designer e sceneggiatore su uno sparatutto per PC
intitolato Steel Saviour. Ha inoltre scritto per un paio
di riviste cartacee dedicate agli utenti iOS e macOS.
Sinclair ZX Spectrum
Wizard's Lair
Bubble Bus | Stephen Crow
13 01 2013
Bubble Bus e Stephen Crow ebbero indubbiamente la loro bella quota di grattacapi quando Wizard's Lair debuttò sullo Spectrum nel lontanissimo 1985. Parte della stampa specializzata britannica, infatti, non si fece scrupoli nel bollare il gioco come un inutile e banale clone di Atic Atac (pubblicato nel 1983 da Ultimate e giunto in breve tempo al successo), probabilmente dopo aver provato Wizard's Lair per non più di mezz'ora e senza grande attenzione. Tale comportamento, fortunatamente, fu tenuto per lo più dalle riviste meno diffuse, mentre quelle più autorevoli svolsero un lavoro decisamente migliore ed esaminarono a fondo l'avventura scritta da Crow, attribuendole il giusto rango di piccolo capolavoro.
Wizard's Lair mette il giocatore nei panni di Pothole Pete, intrappolato in una rete di caverne sotterranee e incappato nella tana di uno stregone nel tentativo di tornare sano e salvo a casa. Il nascondiglio del negromante, purtroppo, è ancor più intricato delle grotte dalle quali il povero Pete stava cercando di fuggire: è composto da ben duecentocinquantasei stanze, suddivise a loro volta in sette livelli. Il passaggio da un livello all'altro può avvenire tramite appositi ascensori, disponibili in due varietà che influenzano l'entità degli spostamenti ottenibili. L'esplorazione costituisce quindi il cuore dell'avventura, ma non ne esaurisce il respiro, più ampio e foriero di grandi soddisfazioni. Ciascuna stanza, tanto per cominciare, è infestata spesso e volentieri da avversari di diversi generi, dotati di caratteristiche specifiche e immancabilmente determinati a porre fine all'esistenza di Pete, mentre l'uscita dalla tana dello stregone non richiede semplicemente una lunga serie di peregrinazioni, ma pretende anche il ritrovamento delle quattro parti che compongono il Leone d'Oro necessario per tornare in superficie. Porte chiuse a chiave, tesori da raccogliere e incamerare, armi da reperire e successivamente impiegare con parsimonia, cibo da ingollare per recuperare le energie perdute, passaggi segreti e incantesimi completano il quadro generale di un'avventura tanto vasta quanto ben congegnata, nonché assai ricca in termini di varietà e - a dispetto delle critiche ricevute - originalità.
È proprio quello dell'originalità, del resto, il punto più spinoso della faccenda: Wizard's Lair è davvero un clone di Atic Atac? La risposta, come dovrebbe esser chiaro sin dall'apertura, è un sonoro no, fondamentalmente perché il gioco di Crow fa ben più che imitare il classico di Ultimate. L'ispirazione è evidente, per carità, ma Wizard's Lair si differenzia notevolmente da Atic Atac in quanto a ritmo e caratterizzazione della struttura di gioco. Le disavventure di Pothole Pete procedono con un piglio assai più frenetico di quello dei giochi prodotti da Ultimate, più compassati e ragionati, al punto da attribuire alla prontezza di riflessi un'importanza paragonabile a quella tradizionalmente associata agli arcade puri. Gli elementi avventurosi/esplorativi e quelli riconducibili all'azione vera e propria finiscono per spartirsi esattamente a metà Wizard's Lair, dotandolo di conseguenza di uno spirito e di un'identità totalmente aderenti allo stile di Stephen Crow e apprezzabilmente distanti, perlomeno per l'occhio esperto, da quello degli Stamper.
[Shrapnel]