Commodore Amiga
Syndicate
Electronic Arts | Bullfrog | Mike Diskett | Mark Webley | Guy Simmons | Alex Trowers | Mark Lamport | James Robertson | Glenn Corpes
03 08 2014
La scomparsa dell'Amiga dal mercato è stato un fatto tanto grave quanto inevitabile. Una cosa però è certa: il contributo dato dal computer Commodore al mondo dei videogiochi e non solo, da quando venne presentato da Andy Warhol al Lincoln Center di New York, è andato al di là di quanto poteva essere avvertito ai tempi. E, fra le sue tante eredità, l'attività di una software house primaria come Bullfrog fa capire molto bene come la scena Amiga sia riuscita ad allevare una intera generazione di talenti, destinata poi a rivoluzionare il concetto stesso di videogioco. A venti anni di distanza i classici Bullfrog non sembrano infatti semplici passatempo ma veri colpi di genio, così avanti nel tempo da collocarsi a metà strada fra film, racconto e gioco. È il caso di Syndicate (1993), ultimo vero capolavoro targato Amiga.
Tanto per cominciare la storia che fa da sfondo a Syndicate non è per una volta superflua e si trasforma invece qualcosa di essenziale. La lotta tra Sindacati, aziende multinazionali tanto ricche da riuscire ad annullare il potere dei singoli governi, si svolge in un futuro non così utopico e molto più vicino alla nostra realtà che a quella dei primi anni novanta. Ma soprattutto fornisce la giusta atmosfera e gli spunti necessari a mettere insieme molteplici situazioni di gioco, sempre incentrate su azioni di guerriglia, ma per fortuna fornite di tutte le varianti del caso. I Sindacati del titolo, in grado di dominare la situazione politica, economica e militare mondiale, sono infatti organizzazioni malavitose impegnate a eliminarsi reciprocamente in una disputa in stile Risiko; ma al di là di tutto conservano una identità di impresa ('corporation') vera e propria e sono quindi attenti a non sconvolgere gli equilibri con guerre aperte a ogni conseguenza. Le missioni presenti si basano così su azioni svolte da piccoli commando, magari cruente ma organizzate secondo criteri tattici rigidi, con il giocatore che prende il controllo di cyborg appositamente assemblati e drogati elettronicamente in modo da obbedire ciecamente agli ordini, mentre portano avanti i loro compiti primari (furti, assassinii, rapimenti, sabotaggi).
La cosa più bella di Syndicate resta comunque la sua atmosfera cyberpunk, in grado di rendere interessante anche la più aggrovigliata delle missioni. E di missioni aggrovigliate, nella sequenza di una cinquantina in toto, ce ne sono. In parte questo è dovuto alla difficoltà intrinseca delle situazioni, ma in parte è anche dovuto a una serie di limitazioni tecniche quasi insuperabili ai tempi. Per esempio quando il nostro commando entra all'interno di un edificio la sua posizione viene indicata solo mediante dei punti di rilevazione: l'Amiga non era infatti in grado di gestire vere trasparenze e i programmatori Bullfrog, da uomini di sostanza, non si erano presi la briga di realizzare degli esplosi estemporanei degli edifici, impresa tra l'altro titanica data la quota di dettagli presente nel 3D isometrico degli scenari. Non bisogna però pensare che Syndicate su Amiga sia un gioco graficamente povero: alla faccia dello schermo ridotto di un quarto, causa presenza di menu fissi, l'impostazione essenziale, scura e lontana anche da quella delle successive versioni a 16 bit, dà al tutto un'aria surreale che bene si adatta al tema, a metà tra fantascienza e degrado.
Le differenze tra questa versione e quelle per Super Nintendo e Mega Drive non si limitano però al solo fattore visivo: qui le missioni sono infatti impostate in maniera diversa e soprattutto concedono più di un momento al ricorso alla violenza, fatto che diventa anzi un tratto distintivo del gioco, con passanti che vengono falciati dagli Uzi o carbonizzati dai lanciafiamme solo perché si trovano nel posto sbagliato. Anche la gestione dei movimenti e dei menu strategici (che controllano sia il corredo di armi e di parti bioniche dei cyborg, sia le fondamentali fasi di ricerca e sviluppo che portano alla fabbricazione di replicanti sempre più sofisticati) sembra avere meno problemi in questa versione, grazie anche all'impiego del mouse. Cupo e coinvolgente come uno spin-off di Blade Runner, Syndicate si è così guadagnato un posto d'onore nell'empireo dei giochi Amiga, lasciando in tutti ricordi indelebili e qualche rimpianto per un'epoca in cui dei semplici floppy riuscivano a far girare giochi di tale portata. Risultato tanto più rimarchevole se si mette in conto che il team di sviluppo era composto da figure quasi all'esordio in ambito Bullftog (Peter Molyneux era rimasto essenzialmente estraneo al progetto, affidato invece al produttore Mark Webley e, tra gli altri, alla coppia di grafici Mc Laughlin/Hill, successivamente impegnati in Black and White). Un altro tassello essenziale, insomma, per capire la varietà e l'importanza del catalogo Amiga.
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