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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Nintendo Super NES
EarthBound
Nintendo | Ape | Halken | Shigesato Itoi | Akihiko Miura | Satoru Iwata | Shigeru Miyamoto
14 12 2014

Nel numero di giugno 95 di Electronic Gaming Monthly potevate trovare, tra articoli autorevoli, scoop e réclame fantastiche, delle schedine. Strane, perché a parte riprodurre un certo numero di personaggi di fantasia, come fossero figurine da gioco, presentavano anche una parte sollevabile a mo' di campione di profumo. Solo che invece di pubblicizzare una fascinosa essenza Dior o Hermès riproducevano l'odore, o meglio la puzza, che secondo gli autori di EarthBound (gioco di ruolo che andava a graziare, con tanto di confezione di lusso, un già prolifico Super Nintendo) doveva caratterizzare il personaggio malefico in questione. E questo semplicemente per rendere più completa l'esperienza e coinvolgere ancora di più nella storia, in caso d'acquisto. Un tentativo multisensoriale audace, magari elementare, ma mai più osato da nessuno, nemmeno oggi, su qualsiasi media.

Tanto per farvi capire o magari ricordare con quanta attenzione venivano prodotti e venduti i giochi venti anni fa, quando a rigor di logica il mercato doveva essere nella preistoria. EarthBound, in particolare, era una produzione di prima linea, anche se caratterizzata da alcune scelte anomale per il genere, come un'ambientazione da 'B-movie' e una semplificazione estrema dei combattimenti. Quasi a compiacere il pubblico enorme dei teenager statunitensi, ancora non abituati ai menu pesanti dei 'role playing game' giapponesi e affascinati da storie di fantascienza con bambini avventurosi e cittadine del Midwest sconvolte da invasioni extraterrestri. Niente mondi fantasy, lotte epiche, cavalieri e stregoni, quindi, ma la vita di tutti i giorni, con genitori attenti o del tutto assenti, vicini di casa rincoglioniti, amici del cuore, bulli, bancomat, fast-food, ospedali e telefoni ancora pubblici (eh sì). Il protagonista, Ness, è un bimbetto di otto-nove anni, con la sua bella casa ai limiti della città, una sorella efficiente, una mamma premurosa, un cane intelligente e un papà costantemente in trasferta. In seguito alla caduta di un misterioso meteorite sulla collina vicina e all'intervento di un'altrettanto misteriosa ape parlante che arriva dal futuro, Ness si ritrova involontariamente coinvolto nella lotta contro Giygas - signore di una razza aliena conosciuta in tutto l'universo per la sua insaziabile brama di distruzione. Ness sembra davvero poco adatto alla missione (tra l'altro parla il giusto, praticamente mai, anche se ha la fortuna di incontrare persone decisamente portate alla conversazione), ma lungo la strada riesce perlomeno ad assemblare un team di giovanetti combattivi che lo aiuteranno ad affrontare i tanti pericoli disseminati lungo la strada.

Perché di pericoli da affrontare se ne incontreranno di tutti i tipi. Dai più normali (cani randagi, volatili aggressivi, bulli, orsi) ai più fantasiosi, come orologi in stile Dalì, zombie, robot, UFO, alieni, dinosauri, fantasmi, sfere d'energia. I combattimenti, come dicevamo, sono quasi sempre ridotti all'osso, anche come rappresentazione grafica, con sfondi piatti eventualmente arricchiti da qualche effetto simil-psichedelico e con animazioni a due-frame-due. Seguendo lo schema classico dell'intervento a turni, tra attacchi manuali o psichici, colpi inflitti e recuperi di energia, i frequenti scontri hanno comunque il merito di risultare poco involuti e non del tutto casuali. In particolare si ha anche la possibilità di evitare gli avversari, visibili lungo gli scenari e in qualche caso riluttanti, così come quella di scegliersi quelli meno agguerriti per farsi le ossa e migliorare le proprie statistiche in attesa di passaggi di livello e di nemici più coriacei, con una curva della difficoltà più lineare del solito. Il tutto corredato da qualche raffinatezza, come una diversa efficacia dell'attacco a seconda dell'angolo di approccio all'avversario, e aiutato da menu completi ma facili da usare. Il che, in una giungla di giochi di ruolo inutilmente complicati, rappresentava davvero un momento di sollievo.

In realtà EarthBound potrebbe servire da esempio per molti giochi analoghi anche per altri motivi. A parte la stazza considerevole, con una trama spalmata lungo una dozzina di 'location' principali, una colonna sonora orecchiabile e una grafica cartoon dettagliata e divertente, infatti, il gioco Halken ha anche il merito di essere basato su una storia tutt'altro che stereotipata, con rimandi a uno humour tanto raffinato quanto raramente riscontrabile in questo campo. Merito anche dell'ottima traduzione dal giapponese (il bizzarro titolo originale è Mother 2, forse in onore della mammetta di Ness o magari di una vecchia canzone di Lennon), che una volta tanto non sembra opera di uno studente ciuccio alle prime armi. La puntigliosità della produzione (Shigesato Itoi in cabina di regia, coadiuvato dal veterano Satoru Iwata e addirittura dallo stesso Miyamoto in veste di supervisore) viene testimoniata pure dalla presenza di un manuale di centoventotto pagine nella confezione originale USA (la versione europea, forse anche per questo, non uscirà mai). Il che fa tra l'altro capire quale sia la profondità di un gioco che può apparire dedicato ai bambini solo ad un'occhiata superficiale. Facilmente includibile nella lista dei giochi da salvare in caso di emergenze planetarie, EarthBound è ancora adesso in grado di riconciliare chiunque col mondo dei videogiochi e, alla faccia delle persone serie, di portare chiunque dalla loro effimera parte.

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