Commodore 64
IO
Firebird | Kinetic Design | Doug Hare | Bob Stevenson
30 06 2014
Sin dai tempi del suo debutto, avvenuto nel lontanissimo 1988, IO ha diviso il pubblico come pochi altri titoli sono riusciti a fare. Da una parte ci sono coloro che lo ritengono estremamente sopravvalutato, convinti che la sua spettacolare veste grafica non sia sufficiente a far passare in secondo piano magagne in termini di gameplay che dovrebbero risultare evidenti agli occhi di chiunque. Dall'altra ci sono i sostenitori del gioco, pronti a giurare sulla sua netta superiorità nei confronti di tutta la concorrenza disponibile sul 64 e fortemente inclini a giudicarlo come il miglior sparatutto per l'home computer Commodore. Dov'è, quindi, la verità?
Iniziamo per una volta dai difetti, partendo da un livello di difficoltà spesso descritto come proibitivo. IO, in effetti, sembra voler punire a tutti i costi il giocatore, scagliando al suo indirizzo decine di avversari e coprendolo (solo a tratti, curiosamente) di proiettili. La memorizzazione delle ondate, a loro volta relativamente povere in quanto a differenziazione, è assolutamente essenziale in IO e rappresenta praticamente l'unico modo per aver ragione del gioco. Anche un errore apparentemente banale è solitamente più che sufficiente per perdere una vita e l'intensità degli assalti non fa che salire man mano che si procede, con rischi sempre crescenti per l'integrità della navetta. Navetta che, al contrario di quanto accade in molti sparatutto di prima fascia, pecca visibilmente in quanto a possibilità di potenziamento: avanzando verso destra, infatti, ci si imbatte di tanto in tanto in 'smart bomb' che vengono attivate al contatto o, in alternativa, possono essere investite con una sventagliata di proiettili per essere convertite in 'power-up'. Peccato che questi ultimi siano presenti in una striminzita manciata di varianti, la più utile delle quali è il 'pod'. La navetta può essere equipaggiata con un massimo di due satelliti, come da tradizione, che cambiano a loro volta formazione in base agli spostamenti del velivolo, allargando o restringendo la rosa dei colpi. Vale poi la pena di ricordare che i potenziamenti vengono persi in caso di abbattimento della navetta, con un ovvio impatto sull'ostilità complessiva (come se ce ne fosse bisogno...). IO, infine, è un gioco decisamente breve; la sopracitata difficoltà lo fa durare più a lungo del previsto, ma resta il fatto che i livelli sono solamente quattro.
La brevità di IO (così come la limitata varietà delle ondate), però, è legata a doppio filo con il primo dei suoi pregi, ovvero l'assenza del 'multiload'. L'intero gioco viene stipato nella memoria del 64 con un solo caricamento e ciò lascia intuire sin dal primo istante l'abilità degli sviluppatori, capaci di sfruttare sino in fondo le risorse del computer. È (prevedibilmente) al termine del suddetto caricamento, comunque, che IO gioca le sue carte migliori. La grafica, tanto per cominciare, lascia davvero senza fiato: la scelta dei colori è impeccabile, gli elementi che compongono in fondali godono di un elevatissimo livello di dettaglio e gli sprite, per quanto occasionalmente slegati dalle ambientazioni da un punto di vista prettamente tematico, sono assai curati. I boss, dal canto loro, sono semplicemente incredibili: enormi, cattivi e in alcuni casi strutturati in modo da richiedere un pizzico di strategia per raggiungerne l'annientamento, fonte di grandi soddisfazioni. La programmazione, infine, è esemplare: il sistema di controllo risponde con invidiabile solerzia, le collisioni sono precise al pixel, lo scorrimento è fluidissimo e i rallentamenti sono un'autentica rarità (credo di averne scorto soltanto uno nel completamento del gioco che ha preceduto la stesura di questo articolo e, onestamente, potrei anche averlo immaginato).
Torniamo, a questo punto, alla domanda iniziale: dov'è la verità? IO è un classico caso di stile al di sopra della sostanza o è un capolavoro? Probabilmente non è né l'uno, né l'altro. È invece un buon titolo che oscilla tra punte di assoluta eccellenza e cadute di stile, tra l'altro dovute in parte a scelte tecniche che per altri versi fanno un gran bene al gioco. Quel che è certo è che IO è ancor oggi magnifico da guardare e, se si ha la buona volontà di scendere a patti con la sua natura, divertente da giocare. Magari non è lo sparatutto definitivo per C64, ma ha indubbiamente un suo perché e funge da efficace testimonianza della versatilità e delle potenzialità del piccolo home computer che ha fatto la fortuna di Commodore.
[Nyabot]