Dopo aver fondato A.Rea. 21 insieme a NO1 e
LH3CT, Shrapnel ha svolto il lavoro di mantenimento
del sito fino alla chiusura dello stesso e ne ha poi
curato la riapertura. Ha scritto su Super Console, Mega
Console, Videogiochi e PSM, ha gestito per due anni e
mezzo un negozio di videogiochi e ha lavorato come
game designer e sceneggiatore su uno sparatutto per PC
intitolato Steel Saviour. Ha inoltre scritto per un paio
di riviste cartacee dedicate agli utenti iOS e macOS.
Sega Mega Drive
Prince of Persia
Domark
17 09 2005
La storia di Prince of Persia, probabilmente, la conoscete tutti: la vostra principessa è stata imprigionata e promessa in sposa al sultano cattivo, voi siete stati sbattuti nelle segrete della reggia e se entro un'ora non ne uscirete potrete anche scordarvi di convolare a nozze con la vostra amata. Un plot non troppo originale, con tutti gli elementi fondamentali di questo tipo di storie ed il classico avversario finale, così perfido da far impallidire anche il peggiore dei villain dei fumetti americani. E allora perché Prince of Persia è entrato nella storia dei videogiochi? Semplice: perché per la prima volta un gioco di piattaforme sfoggiava animazioni di un realismo senza precedenti, realizzate da Jordan Mechner tramite una tecnica (già sperimentata dallo stesso Mechner in un gioco intitolato Karateka) assai simile all'odierno motion capture.
Una volta messa da parte la grafica, il gameplay di Prince of Persia non era certo nato per stupire il mondo, ma si dimostrò comunque molto solido e ben congegnato; si trattava di un platform a schermate fisse in cui un buon numero di enigmi (spesso incredibilmente ingegnosi) si accompagnava ad impegnativi combattimenti all'arma bianca e ad interminabili salti da una piattaforma all'altra. I livelli erano estremamente complessi ed intricati e si sviluppavano tanto in lunghezza quanto in altezza, con strapiombi da brivido e pavimenti disseminati di scheletri e letali lame a scatto. E, tanto per dare un ulteriore tocco di classe al gioco, Mechner si impegnò a tal punto nella realizzazione dei puzzle che alcuni di essi vengono tuttora ricordati con nostalgia dai giocatori di vecchia data. Un esempio? L'enigma dello specchio, in cui ci si trovava faccia a faccia con il proprio doppio...
Entrando nel merito della versione Megadrive, era impossibile non notare l'ottimo lavoro svolto da Domark: il gioco era nettamente più colorato rispetto a quello visto precedentemente su Amiga (invero quasi monocromatico) e proponeva scenari dalle tinte forti e dal buon dettaglio. I fondali erano stati notevolmente arricchiti, le animazioni avevano mantenuto le proprie eccellenti caratteristiche e gli sprite erano stati completamente ridisegnati, con un notevole guadagno estetico. Anche il gameplay era, in un certo qual modo, migliore, dato che Domark aveva limato il codice originale rendendo più immediato l'approccio dal basso alle piattaforme (elemento fastidiosissimo nelle versioni originali) e sfruttando il maggior numero di tasti del controller Sega. Quello che contava era comunque lo spirito di Prince of Persia, ovvero la perfetta unione tra la strabiliante veste grafica ed il gameplay avvincente, che anche nella versione Megadrive rendeva pienamente giustizia ad uno dei più grandi capolavori nel campo dei giochi di piattaforme.
[Shrapnel]