Un pivello inesperto ma con tanta voglia di fare, si
avvicina al retrogaming non per nostalgia, ma per bisogno
d'ossigeno, nel mare di produzioni mainstream sempre più
vuote, senz'anima e senza cervello. Ha venduto e spacciato
migliaia di giochi a milioni di nabbi, hardcore gamer e
trogloditi, ma il bisogno di mettere su carta, anzi, su schermo
le sue elucubrazioni e riflessioni sui quei giochini tanto amati
diventa ogni giorno più forte.
Nintendo NES
Ice Climber
Nintendo
09 12 2013
A metà del ciclo produttivo del primo, leggendario team interno di Nintendo, autore delle più importanti e iconiche creazioni della casa di Kyoto, si pone Ice Climber, un titolo per NES risalente al 1985 e rimasto, da allora, all'ombra dei giganti. Soltanto un misterioso ripescaggio in extremis gli ha permesso di tirarsi fuori dall'oblio più profondo, grazie alla partecipazione dei due protagonisti, Nana e Popo, al ben più illustre ed amato Super Smash Bros. Melee, probabilmente per via del loro talento con il martello. L'intero gameplay ruota proprio intorno a tale dono del cielo: i nostri eroi, in solitaria o in co-op, dovranno scalare un totale di 32 montagne, ognuna suddivisa in 8 piani e coronata da un bonus stage nel quale bisognerà raccogliere quanti più ortaggi possibile e acciuffare un condor estremamente impertinente, così da poter totalizzare il massimo punteggio. Prima di raggiungere la cima dovremo però vedercela con dei dannatissimi yeti (che di livello in livello diverranno sempre più rapidi e intelligenti), degli stupidissimi uccellacci e degli strati di terreno che separano i piani, i quali potranno essere scalfiti unicamente dall'arma in possesso dei goffi personaggi. Solo due le azioni a loro disposizione: un colpo ben assestato per i nemici 'terrestri' e uno in volo, spinto da un salto che ci tornerà utile anche per passare da una piattaforma o da una nuvola all'altra.
Per donare un po' di brio a dei livelli tutti simili tra loro, il team escogitò alcune snervanti variabili preposte ad annichilire il sistema nervoso dei giocatori, sapientemente posizionate per mettere costantemente e progressivamente a dura prova riflessi e tempismo: la velocità delle succitate nuvole in costante aumento, muri insormontabili, strati tra i piani più densi e gli stramaledetti yeti con una spiccata e insospettabile vena edile, che li spinge a ricostruire le parti di terreno faticosamente spaccate, anche se ciò non sarà sempre un male. Alcune superfici saranno volutamente scivolose e attendere pazientemente che i nemici costruiscano delle utili rampe di salto/atterraggio più ampie di quelle proposte dagli sviluppatori si rivelerà una mano santa in più di un'occasione. Ciliegina sulla torta, un orso che, di tanto in tanto e in maniera totalmente casuale, apparirà dal nulla per cercare di farci sprofondare e perdere così una delle 4 vite a disposizione, oltre a delle fastidiose stalattiti che saranno sempre più insidiose e frequenti nelle loro cadute. Una volta superato l'ottavo piano sarà il momento del Bonus Stage, che ci permetterà di arricchire il nostro bottino di punti con vari ortaggi e col bonus finale ottenuto dalla cattura dell'uccellaccio, ma l'eventuale fallimento non inciderà sulla progressione, né sul contatore delle vite.
Ho trovato i controlli particolarmente poco precisi - soprattutto il salto, un dettaglio pesante come un macigno in un platform così spartano, che porta la frustrazione a regnare incontrastata in più di un frangente. Martellare accuratamente una zona e dover saltare cinque o sei volte per colpa di comandi poco reattivi, mentre i nemici ricostruiscono ciò che è stato faticosamente distrutto, è asfissiante tanto quanto l'intero comparto tecnico, tra un unico e convulso brano di sottofondo, uno sfondo perennemente nero e un level design tremendamente minimale, salvato in corner solo da trovate che comunque alla lunga, inevitabilmente, stancano. La stessa presenza di sole tre tipologie di nemici, seppur mediata da un progressivo inasprimento delle loro tattiche, appiattisce il tutto spazzando via ogni possibile dubbio sul perché di quell'oblio ventennale e prolungato.
[Kaltmond]