Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Sega Mega Drive
NBA Action
Sega
21 10 2012
Chi l'avrebbe detto? L'erede di un gioco banale che diventa il capostipite di una delle serie più durature. Improbabile, eppure è proprio quello che è successo con NBA Action (indicato sulla confezione come NBA Action '94), primo di una progenie caratterizzata da tale denominazione e direttamente collegata con la successiva serie Sega 2K, che di questa stessa famiglia di simulazioni sportive made in Sega recupererà più di un connotato sul finire degli anni novanta.
Il gioco banale di cui sopra è ovviamente il similare David Robinson's Supreme Court, prima vera espressione Sega in campo cestistico a 16 bit e che, un paio di anni prima, aveva impressionato solo per i suoi difetti e per un'impostazione bizzarra della visuale (in isometrica, tre quarti dall'alto, ma col terreno di gioco che ruotava di 45 gradi ogni volta che si passava la metà campo, con conseguenze più disorientanti che utili). Il nostro NBA Action in realtà fa la stessa cosa, televisivamente parlando, ma per fortuna la fa meglio e soprattutto la fa in un ambito un po' più raffinato. Così, tanto per cominciare, grazie a un frame rate più accettabile il passaggio da una metà campo all'altra non si risolve in un momento morto in cui nessuno capisce dove va la palla. Già solo per questo le azioni sembrano seguire una logica più verosimile: di schemi da richiamare in pratica non ce ne sono, data l'impostazione arcade, ma una volta tanto i giocatori sanno cosa fare, con continui assist, contropiedi, tagli in area, possibili accelerazioni, blocchi e movimenti senza palla che rendono le azioni d'attacco meno casuali di quanto succede con altre simulazioni di quel lontano periodo.
Più complicata, invece, la questione in difesa, con i giocatori controllati direttamente dalla console che spesso si bevono i nostri come un bicchier d'acqua, nonostante l'aggiustamento delle marcature a uomo: almeno fino a quando non si acquisisce un minimo di confidenza con un controllo perlomeno bizzarro i difensori sembrano fantasmi e vengono passati come un refolo di vento. E a proposito di fantasmi, anche l'aspetto non è così brillante: o almeno non lo è quanto le preview potevano far pensare, con i loro richiami a una grafica digitalizzata che alla prova dei fatti appare lontana anche da quella del contemporaneo Mortal Kombat. Qui le tribune, gli spettatori e i giocatori hanno un aspetto pasticciato (allarme pixel!), con riproduzioni dei cestisti al massimo volenterose e una rappresentazione del pubblico solo simbolica. Addirittura meno volenterosa risulta invece la cronaca dell'onnipresente Marv Albert, celebre personaggio televisivo NBC di quei tempi e a lungo testimonial Sega: tra ripetizioni, gracidii à la Kraftwerk e interventi fuori luogo la cosa migliore dei suoi fraseggi è che non sono così frequenti da diventare insopportabili. Ma non bisogna pensare, detto tutto questo, che NBA Action sia un cattivo esempio di basket ludico. Fatte le debite proporzioni temporali (venti anni di distanza non sono pochi) la miscela tra semplicità arcade, realismo di gioco, presentazione completa del campionato NBA, opzione multiplayer fino a 5 partecipanti e intelligenza artificiale plausibile finisce per funzionare, molto più che nel predecessore e più che in altri concorrenti diretti: le partite scorrono via piacevoli e alla fine non si può dire che il tutto non assomigli alla vera pallacanestro a stelle e strisce. Certo che, come spesso succedeva con Sega Sports, un minimo di controllo post-produzione non avrebbe guastato.
[NO1]