Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Nintendo Game Boy
Dropzone
Mindscape | Eurocom | Archer Maclean
04 12 2011
Qui ad A.Rea. 21 siamo vecchi e sappiamo come erano belli i tempi andati. I vecchi tempi quando i giochi per console e computerini costavano poche migliaia di lire, cartucce e floppy disk erano il massimo della vita, il divertimento era più importante di grafica o audio (anche perché grafica e audio erano terribili) e le sale giochi non erano posti messi lì solo per riciclare i soldi della mala, ma una galleria di coin-op meravigliosi. Le cose, sul serio, non sono più come una volta.
E una delle cose belle dei vecchi tempi era Dropzone, rifacimento del classico coin-op Defender, programmato nel 1984 dall'allora sconosciuto Archer Maclean per gli Atari a 8 bit e per il Commodore 64 e inopinatamente recuperato nel 1992 in questa bella versione per Game Boy. Come spesso accadeva ai tempi, il soggetto riguarda un assalto aereo da parte di improbabili alieni: stavolta il bersaglio sono le nostre colonie spaziali e il contrattacco è affidato a un singolo astronauta fornito di scafandro, armi a laser e jetpack a retrorazzi (ricordate il tizio volante al Coliseum durante le Olimpiadi di Los Angeles?). Le astronavi aliene arrivano a ondate, come da antico copione, ma si comportano in maniera differente di caso in caso, fatto che nelle versioni ortodosse di Dropzone viene segnalato anche da un diverso colore ma che qui, stante schermo in bianco e nero, può essere affidato solo a una diversa forma dello sprite (e lo schermo del Game Boy è piccolo e gli sprite sono minuscoli). Generalmente la tattica migliore è quella di polverizzare tutti gli avversari in fretta, sia per il ritmo dell'attacco, sia per evitare pericolosi colpi vaganti, sia per soccorrere in tempo i coloni spaziali che sgambettano sulla superficie in attesa di soccorso: solo quando i cattivi sono stati azzerati e i fuggitivi sono in salvo si passa a un successivo e ancor più intenso attacco.
Aiutare gli abitanti del presidio è una priorità assoluta perché in caso di fallimento totale si può andare incontro a imprevisti seri, come eruzioni vulcaniche con zampilli a inondare il panorama: riportare a casa almeno qualcuno è quindi essenziale, anche perché i bonus sono rilasciati sulla base dei salvataggi effettuati. Il caratteristico movimento inerziale del jetpack, diretto in alto e in basso e comandato da specifico tasto, risulta comunque immediatamente comprensibile, già a partire dai primi secondi di gioco. In fondo, per la sua unicità, è proprio questo il fattore che fa la differenza all'interno di un gameplay altrimenti tradizionale ed è questo che fa di Dropzone un'esperienza particolare o addirittura unica nel suo genere. Vero classico del passato remoto, sia per diffusione che per successiva fama, Dropzone ha dovuto però aspettare addirittura quasi una decina di anni per arrivare a questa versione portatile, apparentemente realizzabile con grande facilità; tra l'altro la conversione per Game Boy è solo una filiazione di quella, più ambiziosa, prodotta per il Super Nintendo. La differenza è che la versione più sofisticata era stata revisionata da Maclean e dai suoi collaboratori, mentre questa in tono minore era stata messa insieme dai programmatori Eurocom: per ironia della sorte è invece proprio la meno elaborata delle due a risultare quella più riuscita e più fedele all'originale, portandosi così in cima alla lista dei tanti shooter dedicati al vecchio Game Boy.
[NO1]