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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Galahad
Electronic Arts | Psygnosis | Traveller's Tales
20 06 2009

Come mai quando qualcosa deve essere fatta per forza, non so, come salvare il mondo, difendere la galassia, proteggere qualcuno o lottare per la foresta pluviale in pericolo, alla fine in un videogioco tocca sempre a te? Forse un giorno ci ritroveremo con una storia in cui ce la possiamo prendere comoda, mentre qualcun altro finirà per ficcarsi nei guai. Per il momento, comunque, tocca a noi e al nostro Galahad di recuperare dalle grinfie del solito negromante una giovane principessa (questa volta di nome Lucanna), riportando la pace nelle lande invase da numerosi malvagi.

Tutto ciò però si palesa soprattutto in Leander, copia conforme su Amiga e progenitore diretto di questo Galahad per Megadrive, nonostante il nome diverso. Le due versioni sono in effetti identiche, a parte un'introduzione dettagliata che sulla console Sega è del tutto assente e che sul computer Commodore contribuiva non poco alla creazione di una atmosfera da fantasy medievale (qui invece, date le limitazioni della cartuccia, si va a ripescare semplicemente il nome del cavaliere di Camelot, in fondo per lo stesso motivo, ma con un meccanismo più banale). Fatto sta che i fan del Megadrive alla ricerca di un buon platform potranno andare sul sicuro con questa variante adventure dal passo placido e meditato, opposto a quello codificato da Sonic. Solo i veri appassionati di platform, comunque, perché il classico di Psygnosis e dei fidi Traveller's Tales (1991 e conversione l'anno dopo sempre a cura di Jon Burton e Andy Ingram, con produzione di Keith Francart per Electronic Arts) molto difficilmente guadagnerà oggi nuovi adepti alla causa dei saltelli tra piattaforme, come d'altra parte già successe ai suoi tempi (solo una entrata tra i primi dieci nella classifica UK dei più venduti per console).

I livelli in realtà sono numerosi (una ventina), sufficientemente vasti, e il motore è quello tipico delle librerie grafiche della Psygnosis di allora, non fantasmagorico, decisamente british, ma molto pulito e ben oliato. Andando a tirare le somme, però, il gioco dà una sensazione di preso in prestito un po' da tutte le parti, e questo riguarda non solo la grafica: alcuni livelli sono davvero poco originali e ricordano dozzine di titoli analoghi, mentre la componente strategico-esplorativa, vero quid di tutta l'avventura, diventa significativa solo in un secondo momento. Ma forse proprio questo stato di 'in medio virtus' rappresenta il punto forte di Galahad, che a dispetto di una ventina di anni sulle spalle mantiene, tranquillo e beato, un suo strano fascino da vintage puro. Sarà forse per la struttura da pseudo gioco di ruolo, con tanto di statistiche e di negozi da perlustrare alla ricerca di armi e oggetti, ma alla fine l'illusione di una maggiore profondità rispetto a quello che effettivamente è in offerta Galahad riesce a tenerla in piedi. Se poi si mantiene un punto di vista strettamente filologico, lo sforzo produttivo operato (ad esempio i 100 diversi tipi di avversari presenti, i 60 differenti effetti sonori, i cambi meteo), magari oggi quasi ridicolo, non può invece non far collocare Galahad tra i titoli per Megadrive e Amiga più raffinati ed esemplificativi della scuola inglese di quegli anni.

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