Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Nintendo Super NES
Pink Panther in Pink Goes to Hollywood
TecMagik | Manley & Associates
24 05 2010
Pink Goes to Hollywood, platform dedicato da TecMagik alla pantera colorata e alle sue avventure negli studios californiani, si svolge attraverso quattordici livelli, ciascuno dei quali direttamente collegato a un classico del cinema. Avremo così Pinkenstein, Pinktergeist, The Pink Raider, Pinkin Hood e Pink on a Hot Tin Roof, ecc. Il nostro felino rosa, oltre a eliminare gli avversari mediante canonico salto in testa, ha a sua disposizione anche un set di armi piuttosto originali, come una pistola insetticida, esplosivi, cani e martelli pneumatici. Lo stesso gameplay riesce a offrire qualche trovata e qualche variante sul tema, consentendo così al nostro giochillo di acquisire una certa diversità rispetto alla massa dei concorrenti diretti. Questo basta a fare di Pink Goes to Hollywood un gioco coinvolgente e con una sua vera ragione di essere? Lasciamo perdere.
Detto questo, il platform di TecMagik i suoi momenti comunque ce li ha. Un aspetto invidiabile, per esempio, con una impostazione grafica superiore alla media del tempo (1993), delle animazioni plausibili e un look stilizzato molto vicino a quello dei corrispondenti cartoon televisivi. I livelli sono sufficientemente estesi (un po' troppo sparsi, magari) e anche l'esplorazione ha dalla sua il vantaggio della non linearità. Bella colonna sonora, pure, giocata ovviamente sul celebre tema di Henry Mancini. Il problema è che queste sono le buone notizie, ma ce ne sono anche di cattive: infatti, come p. es. succedeva anche con i derivati Warner Bros. di Sunsoft, la pulizia della programmazione si porta dietro una certa freddezza e qualche ingenuità di troppo. Così qui non ci sono punti di ripartenza, né veri e propri bonus da rintracciare (anche se i 'coin' sparsi lungo i panorami una loro funzione ce l'hanno), i nemici sono banali e l'ispettore Clouseau fa solo qualche comparsata, la durata complessiva è scarsa e vengono fuori anche un paio di difetti di fondo (è difficile muoversi ed evitare pericoli quando il personaggio principale è alto un terzo dello schermo). In somma: Pink Goes to Hollywood non è Mario. Non è nemmeno Super Star Wars e nemmeno Plok, se è per questo. È qualcosa di molto più leggero o, se vogliamo essere obiettivi, qualcosa di molto più inconsistente. Più che un viaggio nel passato, una piccola passeggiata defatigante. Magari piacevole, ma certo non memorabile o indispensabile.
[NO1]