Nintendo Super NES
J.R.R. Tolkien's The Lord of the Rings - Volume One
Interplay
02 01 2010
Cinquantacinque anni fa, all'epoca del lancio negli Stati Uniti, il poeta Wystan Hugh Auden recensiva sul New York Times il primo libro del Signore degli Anelli con queste parole: "Se si vuole capire il segreto di un libro come questo, bisogna comprendere che, per quanto possa essere all'apparenza lontano dal nostro mondo come personaggi e fatti, cionondimeno La Compagnia dell'Anello è come uno specchio in cui si riflette l'unica natura che noi conosciamo sul serio, e cioè la nostra. In questo il Sig. Tolkien riesce superbamente, e quello che accade nella Contea durante l'anno 3018 della Terza Era della Terra di Mezzo non risulta solo affascinante al giorno d'oggi, anno domini 1954 (!), ma rappresenta per noi anche un monito e una ispirazione".
Di tutte le qualità di Tolkien, forse nessuna si è dimostrata più importante della sua capacità di assemblare un universo profondamente credibile. È proprio grazie a questa abilità che il lettore avverte come reale una storia di pura fantasia, come se l'azione avvenisse all'interno di un mondo sconosciuto, ma comunque esistente da qualche parte. La ricchezza della descrizione non ha complicato più di tanto la versione cinematografica della Trilogia, dato che la trama alla fine poteva essere esposta in modo più o meno lineare. Ma questa profondità si è invece dimostrata un ostacolo insormontabile per un mezzo non lineare come un videogioco, in cui gli utenti si aspettano una libertà di esplorazione impossibile all'interno di una trama di tale portata. Questo oggi come oggi (tant'è vero che le attuali piattaforme hanno saputo produrre solo slash'em up o giochi strategici o autentici strafalcioni sull'argomento, mentre si sono guardate bene dal puntare su qualcosa che entrasse davvero all'interno del libro). Figuriamoci quindici anni fa, ai tempi delle cartucce e del Super Nintendo. Per quanto ricordo io solo un tentativo è arrivato in porto, questo J.R.R. Tolkien's The Lord of the Rings - Volume One (1994) che, a dispetto del titolo pomposo, rappresenta quanto di più striminzito sia stato mai messo insieme per seguire le impronte di Frodo, Gandalf & c.
D'altro canto per far entrare in una cartuccia anche una frazione della Terra di Mezzo ci sarebbe voluto l'intervento di un genio. E non era certo il caso del team interno di Interplay, softco USA onnivora, che si mise appunto in testa di realizzare l'impresa in più puntate. E, come per il primo Signore degli Anelli di Bakshi, se una seconda parte non è mai pervenuta ci sarà pure un motivo. Il gioco di ruolo di Interplay non fa infatti giustizia alcuna alla fede in Tolkien e nella Terra di Mezzo del signor Auden. Qui di profondità non ce n'è proprio (e va bene), l'ispirazione è pochina, ma soprattutto non c'è il gioco. E questa, se permettete, è una cosa che noi giocatori, orfani rassegnati di esplorazioni più o meno libere, ci aspetteremmo comunque di avere. Il punto è che qui l'universo di Tolkien, ridotto a pochi paesaggi tutti uguali e a pochi eventi banali, è credibile come una cartolina venuta male: esattamente l'opposto di quanto avviene nel libro. Per di più la compagnia destinata a sconfiggere Nazgul, troll, Balrog e cose anche peggiori sembra un'armata Brancaleone meno colorata e simpatica, che non sa dove andare e ci va comunque malissimo, persa com'è tra missioni insignificanti che finiscono per schiantare suspense e atmosfera (Sam deve trovare gli occhiali del padre e non può partire, Legolas si è perso l'arco e non può partire, per partire da Brea bisogna prima consegnare a una donna una lettera smarrita e via discorrendo; Sauron pare un dettaglio da sbrigare fra una cazzata e l'altra).
E i posti dove va a vagare l'armata non è che siano così indimenticabili. Le miniere di Moria non sono diverse dalle cave fuori Hobbiton (cosa?) e la vecchia foresta sembra più che altro un orto disorganizzato. Ma la cosa che appare davvero irrecuperabile è il cuore del gioco. I combattimenti sono tutti uguali e frustranti: Legolas e il suo arco servono praticamente a nulla, ma anche gli altri non è che si capisca molto bene quel che fanno durante la pugna, persi come sono tra la piccolezza degli sprite, le poche varianti di attacco, la bassa definizione e l'oscurità dei labirinti, peraltro abitati da pipistrelli quasi invisibili e con androni tutti simili. Questo anche perché, tanto per gradire, i programmatori Interplay avevano puntato a realizzare un action RPG a cinque giocatori, via adattatore, col risultato finale di una totale disorganizzazione dei componenti della Compagnia quando si affronta l'avventura da soli (l'intelligenza artificiale è spaventosa e i personaggi già se ne vanno per i fatti loro negli spazi aperti, figuriamoci nei dungeon o in combattimento). La stessa gestione dei salvataggi, via password, risulta scomoda; gli intermezzi scritti, utilizzati per inserire dialoghi e descrizioni, sono idioti. Delle animazioni fluide via rotoscoping, sbandierate sulla confezione, non c'è traccia. E non è certo la bella colonna sonora che può salvare dal disastro un tale pasticcio.
Shrapnel mi segnala che il tutto pare che derivi da un'analoga uscita per PC di qualche anno prima, e questo potrebbe spiegare molte cose, giustificando anche la rozzezza della realizzazione. Ma se una grafica prefabbricata e un minimalismo da PC 386 possono risultare comprensibili in alcune circostanze, quando si passa il limite non è solo il coinvolgimento che va a farsi benedire, ma anche la funzionalità. Senza appello.
[NO1]