Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Commodore Amiga
Chuck Rock
Core
23 04 2010
Chuck Rock è un gioco antidiluviano. Chuck indossa una mutanda di foglie intrecciate e si aggira scalzo lungo panorami popolati di dinosauri, vulcani, foreste e bestiacce varie, alla ricerca della sposa rapita dal neanderthaliano Gary Gritter. Come da copione, per portare a termine la missione il nostro cavernicolo deve farsi largo attraverso sei 'location' articolate in sottolivelli (in toto più di una ventina) piene di piattaforme preistoriche e di nemici da eliminare, ricorrendo al lancio di rocce, ai calci alla Bruce Lee e ai colpi della sua poderosa panza.
Ma Chuck Rock non sembra più vecchio di Matusalemme solo per questo. Prodotto nel 1992 da una Core Design reduce dall'irrisolto Corporation, il gioco sfruttava ancora le prime librerie grafiche dell'Amiga, come anche meccanismi di gioco parecchio tradizionali. Il che vuol dire poche sorprese nel senso dello spettacolo e altrettanto poche per quanto riguarda quel che succede lungo le classiche piattaforme rocciose, chissà perché ricorrenti in tanti titoli made in Britain. Non che il ritmo, estremamente placido, mi dia fastidio: anzi, per una volta è tranquillizzante sgambettare in mezzo alle insidie dando spazio al ragionamento, a scapito dei riflessi. Solo che di ragionamenti da fare qui non ce ne sono poi molti e gli 'enigmi' da risolvere sono tutti molto relativi.
Allora l'unico modo per confrontarsi con Chuck Rock, oggi come oggi, è quello di mettersi in una corretta prospettiva temporale. Sembra impossibile, ma ai tempi questo era quasi il meglio che si poteva avere dall'Amiga e da Core, tecnicamente parlando: le stesse gag, impersonate dal nostro eroe e dai tanti avversari presenti, rappresentavano un netto segno di distinzione rispetto a un panorama platform ancora molto convenzionale. Se il tutto si guarda poi con gli occhi nostalgici di quelli che ai tempi si sono divertiti con le avventure del nostro eroe preistorico (con tanto di sequel l'anno dopo), l'aspetto generale può risultare anche gradevole. La softco di Derby (programmatore Chris Long, game designer Bob Churchill, Lee Pullen grafico, allora tutti giovani in maniera preoccupante), in fondo, aveva messo in atto un gioco che vantava 50 fps (cioè la stessa fluidità di un qualsiasi coin-op), una bella parallasse dei fondali, un'ottima introduzione animata, una colonna sonora brillante e orecchiabile e delle scenografie ipercolorate. Non basta per un platform dei tempi andati? Mantengo i miei dubbi e direi che basta e avanza. A distanza di tanti anni il gruppone di eroi e di piattaforme in 2D finisce per assomigliarsi in tutto e per tutto (il che include, tanto per essere chiari, anche quello dei successivi platform in 3D). La tentazione, insomma, è quella di accettarlo o rifiutarlo in blocco, con pochissime eccezioni.
[NO1]