Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Nintendo Super NES
Prince of Persia
Konami | NCS | Arsys | Jordan Mechner
06 09 2005
Il sospetto è che il platform abbia detto quello che poteva dire già al tempo dei 16 bit. Molti pensano, infatti, che i progressi siano stati, da allora, quasi sempre apparenti o al massimo marginali e che per di più il 3D abbia finito per complicare inutilmente una materia che per sua stessa natura richiederebbe un approccio lineare. Tutt'altro che apparente è invece stato il contributo dato al genere dal primo Prince of Persia, che, sin dal suo debutto su Apple II (1989, nientemeno), sembrò a tutti un esempio miracoloso di come si poteva rivoluzionare un filone ostinatamente fermo nei suoi canoni di base.
La cosa che colpiva maggiormente il pubblico era, almeno in un primo momento, la nuova tecnica di animazione dei personaggi (rotoscoping) che, basandosi su un primitivo motion capture, permetteva al nostro eroe di muoversi con una fluidità sconosciuta fino a quel momento (e che rimase esemplare per un buon lustro). Ma questa non era, ovviamente, l'unica ragione del successo di Prince of Persia. Molti elementi di gioco, oggi familiari anche ai videogiocatori più casuali, fecero allora il loro debutto: le continue trappole a sorpresa a cui prendere il tempo (pendoli affilati, lame di tutti i tipi da evitare), l'abilità di afferrare una piattaforma per poi arrampicarsi (alla ricerca di vie di uscita dalla struttura labirintica della prigione), come pure quella di saltare attraverso baratri più o meno pericolosi, per aggrapparsi all'ultimo centimetro utile della sporgenza opposta (schema ostinatamente ripreso poi in Tomb Raider e nella lunghissima lista dei suoi cloni).
Il sistema di controllo del personaggio non si poteva definire impeccabile, almeno al momento delle versione di esordio (il che contribuiva alla difficoltà complessiva, insieme al limite di tempo disponibile per salvare l'immancabile principessa). La situazione migliora invece di molto all'altezza di questa conversione per Super NES, molto più sofisticata anche dal punto di vista dell'accuratezza grafica (con fondali scuri, ma spesso dettagliati e con uno sprite principale ben definito), della grande estensione delle aree esplorabili (una ventina di settori) e della colonna sonora arabeggiante (il tema principale, molto bello, resta un classico della storia ludica, un po' come la musica di Lawrence d'Arabia resta nella storia del cinema).
Il gioco di Jordan Mechner ebbe un successo tale da essere poi progressivamente convertito per qualsiasi macchina presente sul mercato (mancavano solo le versioni per calcolatrici portatili, ma non ne sono poi così sicuro). Nessuna di queste riedizioni è però riuscita a riprodurre la suspense, l'atmosfera misteriosa e la fluidità del gameplay presenti nel titolo per Super Nintendo, che rimane così il modo migliore per accostarsi all'esotica avventura dell'eclettico Mechner (anche al di là del coloratissimo tentativo fatto da Domark su Megadrive, peraltro ben riuscito).
La popolarità acquisita lungo tutto un decennio (con un Prince of Persia 2 a rinverdire parzialmente i fasti), come pure la capacità di influenzare le successive uscite videoludiche, sono state nel caso del primo Prince of Persia comunque innegabili e rappresentano quindi un evento davvero più unico che raro (anche tenendo conto della sua origine occidentale, in un campo altrimenti dominato dalle produzioni nipponiche).
[NO1]