Sega Mega Drive
Desert Strike - Return to the Gulf
Electronic Arts | Mike Posehn | John Manley
27 05 2007
Sali a bordo del tuo elicottero Apache e distruggi l'esercito messo insieme da un nervosissimo dittatore medio-orientale, in questo shooter che, anche dopo l'uscita del suo sequel Jungle Strike e di tutta la sua progenie, deve essere ancora considerato come inarrivabile e comunque uno dei migliori di tutti i tempi.
Anche se c'era sicuramente qualcosa di politicamente sbagliato nel transfert di aggressività indotto dai mass media del tempo, allora, nel 1992, non lo avvertivamo di sicuro: eravamo troppo giovani e troppo ingenui per perdere tempo a porci domande suppletive. Nella nostra capoccia di allora quella di Bush padre contro l'Iraq era una guerra giusta, le edizioni speciali del telegiornale erano solo eclatanti e noi ci divertivamo a dare la caccia al perfido Saddam Hussein via console (doveva essere un male molto diffuso, se anche i marine in azione nella seconda guerra del Golfo dichiaravano di ispirarsi ai videogiochi della loro infanzia). Via così, allora, con cinque campagne di guerra contro il cattivo generale Kilbaba (qui alter ego ludico del Saddam), ciascuna composta da un numero vario di missioni, ovviamente solo preventive e quindi non condannabili dall'ONU. Il vostro chopper d'assalto di cui sopra è armato con i canonici cannoncini a ripetizione e con due tipi di missile che occorrerà mettere a buon uso mediante distruzione di impianti radar, fabbriche sospette, aeroporti, postazioni nascoste di missili SCUD e centrali elettriche: non si tratta però solo di bombardare senza cervello, dato che le missioni sono concatenate e intervallate da continui interventi di soccorso, le munizioni a bordo sono poche, il materiale per i rifornimenti è sparpagliato sul campo di battaglia, l'autonomia di volo è quella che è e i danni provocati dalla contraerea devono essere calcolati con attenzione prima di affrontare inutilmente rischi troppo grandi.
La stessa ambientazione da deserto iracheno, naturalmente monotona e spesso indicata come principale limite di Desert Strike, rende invece maggiormente plausibile l'atmosfera delle campagne di guerra: il gioco aveva un punto di forza più unico che raro proprio nella sua verosimiglianza da cronaca diretta, anche a dispetto della maggiore varietà di ambientazioni presenti nei sequel, più articolati dal punto di vista grafico, ma nettamente meno credibili e coinvolgenti. Electronic Arts, tra l'altro, inaugurando lo stile grafico funzionale, ma non particolarmente spettacolare che si ritroverà poi in molti altri suoi titoli (fino ai Sims dei giorni nostri) era riuscita a dare a Desert Strike un taglio visivo a metà strada tra strategico puro e action game che in seguito nessuno riuscirà a replicare, nonostante le numerose imitazioni tentate. L'omogeneità dell'impianto scenografico, dettagliato ma sul minuscolo andante, comporta poi come effetto collaterale la necessità di esporre chiaramente mappe e descrizioni delle missioni da affrontare, mediante continui briefing e menu richiamabili in qualsiasi momento, con un'interfaccia che resterà esemplare per la sua facilità d'uso.
Desert Strike parte con una eccellente introduzione, che ha il merito di impostare quasi narrativamente un gioco che in fondo utilizza solo una cartuccia da 8 megabit, e prosegue con una serie di temi d.o.c. firmati dal mitico Rob Hubbard e con un gameplay da libro di testo reinventato dall'altrettanto mitico Mike Posehn a partire da un titolo del Commodore 64 (Raid on Bungeling Bay). La cosa migliore tra i tanti punti di forza di Desert Strike, comunque, resta il perfetto equilibrio della sua giocabilità: non troppo facile né troppo difficile (il volume di fuoco presente nei suoi sequel diventerà progressivamente intollerabile), Desert Strike ha dalla sua una longevità proverbiale, anche per la sua natura di gioco profondo e a punteggio, ma soprattutto perché ripescarlo a distanza di anni rimane una delle esperienze più piacevoli nell'ambito della nostalgia pura, e non solo in quello. Il passare del tempo sembra davvero aver arrecato pochi danni a Desert Strike, che ha finito anzi per poter essere inquadrato in una prospettiva più giusta. Candidato molto solido al titolo di miglior gioco per Megadrive, insomma, all'interno di una ristrettissima schiera di classici.
[NO1]