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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Nintendo Super NES
Aladdin
Capcom
26 06 2007

Anche se Aladdin non era niente più che un platform bidimensionale da inserire in una pila altissima di giochi tutti uguali, due cose riuscivano a portarlo in testa alla fila: la perfezione del suo motore di gioco e il semplice fatto che era il platform più bello di quelle lontane annate (ci riferiamo per una volta alla bellezza nuda e cruda, perché Aladdin questo è: semplicemente la cosa più bella da vedere nel campo del 2D secco, e amen).

Le introduzioni dei livelli erano buone, ma un po’ carenti nel riprendere la trama del contemporaneo film. Per contro i livelli erano invece favolosi: la loro realizzazione era impeccabile, sia per quanto riguardava i fondali, sia nel caso degli sprite, animati con accuratezza disneyana. Il protagonista per di più camminava e saltava con la stessa agilità dimostrata nel cartoon e si controllava con grande naturalezza. E Aladdin era pure divertente, in un modo buffo tutto suo: bastava dare un’occhiata al livello delle nuvole, che una volta scalate si voltavano a guardare, oppure al cameo della scimmietta Abu, sempre in moto senza però influenzare l’andamento del gioco (è comunque un dettaglio grafico che Capcom non aveva voluto trascurare, prendendosi anche il lusso di coinvolgere Abu nella storia, come quando in caso di vicoli ciechi andava ad indicare la presenza di passaggi nascosti).

In effetti la cosa bella di Aladdin è che, nonostante resti alla fine un gioco convenzionale, si riesce anche a guardarlo come un qualcosa di diverso: la realizzazione grafica fa la sua parte, come la fa la colonna sonora, ma è l’inserimento di nuove idee che lo fa allontanare dalla paccottiglia platform allora imperante. Restano comunque due o tre cosette evidentemente ineluttabili come le tasse comunali scadute: la ricomparsa dei nemici se si riaffrontano gli ostacoli superati, la mancanza di punti di ripartenza logici (palesemente Aladdin è pure troppo facile, ma cercare di aumentarne la longevità reiterando le difficoltà è solo una rottura di scatole), l’eliminazione dei cattivi mediante salto sulla loro testa (come cavolo è venuta in mente al Miyamoto dei primordi un'idea del genere e, comunque, perché cavolo tutti lo hanno poi copiato senza pietà? Nel caso di Mario il tutto poteva anche avere un senso o rappresentare un marchio di fabbrica, ma in questo caso come in altri è una caratteristica semplicemente ridicola).

Nessuna di queste cose, comunque, rappresentava una seria aggravante: al massimo sembravano fattori fuori posto all’interno di un gioco tanto incisivo. La cosa che finiva invece per ribaltare il fato di Aladdin era la mancanza di materia prima. Il titolo Capcom poteva avere dalla sua interi acri di paesaggi da favola, delle animazioni fantastiche, chili e chili di tocchi di classe e la stessa sensazione di accuratezza che emanava dal film, lungo tutta la sua durata. Ma, proprio come nel film, la durata complessiva ammontava a un’ora o due (forse esagero, ma insomma siamo lì) e se al cinema ci toccava pagare ai tempi cinque o seimila lirette, nel caso del cartuccione per Super Nintendo le lirette diventavano anche centoventimila, il che francamente non aveva senso. Per divertente, buffo, originale e bello che fosse, insomma, bisognava essere molto ricchi e un po' scemi per tirare fuori 120.000 lire per divertirsi al massimo un pomeriggio con l’Aladdin a 16 bit (a quel prezzo c’erano cose più concrete con cui sfiziarsi). Ovviamente oggi, tra cartucce ritrovate in cantina o date via per pochi euro, il discorso diventa molto più relativo e si può così apprezzare in pieno la solita inarrivabile abilità di Capcom nel trattare i temi disneyani e nello spremere i chip del Super NES.

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