Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Sega Mega Drive
Flashback
U.S. Gold | Delphine
16 01 2007
Tutti avevano giocato Another World e a tutti era piaciuto. Anche molto. Di sicuro non ci si poteva lamentare della grafica, cinematica come in Delphine ci tenevano a precisare. Nessuno aveva poi avuto modo di lamentarsi della colonna sonora, che amplificava l'atmosfera della strana avventura in terra aliena. Anche il coinvolgimento era ai massimi livelli concessi dalla tecnica dell'epoca. Gli unici appunti potevano così essere ricondotti alla durata dell'esperienza, abbastanza breve proprio in quanto cinematica, e soprattutto alla struttura del gioco, che replicava quella ingessata degli adventure primitivi (spezzati in sezioni da affrontare decine volte fino a superamento avvenuto).
Anche Flashback (ancora Delphine Software, un paio di anni dopo) aveva i suoi problemi. Tanto per cominciare, il suo andamento era un po' lineare, proprio come quello di Another World, anche se si viaggiava su un piano del tutto diverso. Ma al contrario del sequel ufficiale (Heart of the Alien), Flashback faceva più che abbastanza per arrivare a correggere la ripetitività del progenitore: la sua struttura a platform appariva così meno velleitaria, all'interno del gameplay non si ritrovavano le vecchie impuntature e, tra l'altro, nessuno poteva dire di venire a capo della misteriosa vicenda in pochi giorni.
Una volta abbandonate le ambizioni puramente cinematografiche e con, invece, l'intenzione di continuare a muoversi in territorio sci-fi, le parole d'ordine in Flashback diventavano Prince of Persia e rotoscoping. In particolare il processo di animazione inventato da Jordan Mechner veniva ripreso a grandi linee in Flashback e arrivava al suo limite estremo: l'agente segreto Conrad Hart sgambettava, rotolava e saltellava sullo schermo a 24 fps, con una fluidità cioè paragonabile a quella di un cartoon di media qualità e per di più con una precisione di movimenti che il popolare principe persiano non aveva di sicuro mai avuto. Lo stesso rotoscoping, fino ad allora utilizzato solo con metodi pionieristici all'interno dei videogiochi a 16 bit, subiva poi una vera evoluzione, con sequenze di pochi secondi elaborate a partire da intere giornate di lavoro tra attori forniti di sensori e digitalizzazioni varie. Non sarebbe però giusto focalizzare tutta l'attenzione sui movimenti degli sprite, per quanto spettacolari. In Flashback, tanto per cominciare, ogni fondale era stato realizzato per impostare una specifica atmosfera, e in realtà ci riusciva benissimo, con un effetto finale che in qualche modo spezzava la monotonia dei panorami disegnati da Mechner in Prince of Persia. Allo stesso modo la colonna sonora, per quanto sparsa, caratterizzava le fasi di gioco con l'abilità più volte dimostrata da Delphine e con il vantaggio della presenza di campionamenti sonori tanto accurati da far scordare che con Flashback eravamo nel 1993 e con 12 megabit di cartuccia in tutto.
Comunque il vero punto di rottura rispetto alla media dei titoli del suo tempo Flashback finiva per trovarlo nei dettagli che lo rendevano ancora più verosimile di quanto una accurata campagna pubblicitaria pretendeva di anticipare. Fumo, esplosioni, nuvole di polvere, proiettili e bossoli che volano via, la giacca di Conrad che svolazza a ogni passo e soprattutto le numerose e incredibili scene animate di intermezzo riescono ancora oggi a stupire e a dare vita a quello che in fondo rimane un semplice platform/adventure, con tutta la sua brava esplorazione da portare fino in fondo e i suoi oggetti da ritrovare, ma anche con tutti i limiti che separano un genere tanto tradizionale dal miraggio della interazione film-videogioco cocciutamente inseguito da Delphine. Non il futuro dei platform, quindi (il futuro del genere andrà poi in tutt'altra direzione, muovendosi verso il 3D), ma un passo in avanti rispetto al game design di Prince of Persia (per quanto leggermente esangue e sicuramente più placido rispetto al celebre archetipo di Mechner).
[NO1]