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Wutky Oltre a essere un genio dell'enigmistica e del pennello, Wutky non disdegna affatto i videogiochi. Predilige le esperienze tranquille, rilassate e riflessive, ma di tanto in tanto si concede qualche scappatella con titoli moderatamente frenetici e meno cervellotici.

Sega Saturn
Command & Conquer
Virgin | Westwood Studios | Joseph Bostic | Brett W. Sperry | Greg Hjelstrom | Jonathan Lanier | Eric Wang | Steve Wetherill | Erik Yeo | Ron Smith
19 12 2024

Quando Command & Conquer non era ancora uscito su PC e si parlava solamente di lavoro in gestazione, le varie note fornite alla stampa da Westwood lo presentavano come un incrocio tra Populous e un 'war game', però con ritmi molto più frenetici. Una descrizione dell'inferno dantesco mi avrebbe provocato meno brividi: personalmente mi chiedo ancora perché mai Populous abbia avuto così tanto successo e, per quel che mi riguarda, i vari 'war game' sono gradevoli soprattutto perché il passo è lento e permette di prendere decisioni senza essere continuamente pressati. Per fortuna poi, al momento del lancio, Command & Conquer risultò molto più vicino a Dune II (gioco strategico fondamentale, estremamente immediato, sempre di produzione Westwood) di quanto si potesse pensare e, di conseguenza, provvisto di una tale carica di giocabilità da riuscire a diventare uno dei maggiori successi degli anni 90. L'impatto commerciale travolgente, accompagnato da una trionfale accoglienza da parte della critica, ha lasciato noi, memori della maggior semplicità e gradevolezza di gioco di Dune II, almeno un po' interdetti. E ora che, a distanza di anni, torniamo a parlare di Command & Conquer in ambito console, il nostro imbarazzo riemerge.

In realtà è difficile uscire, anche se parzialmente, fuori da un coro unanime negli elogi, ma se dobbiamo dirla tutta alla lunga il gioco Westwood perde lo smalto iniziale a causa di una certa ripetitività e di un ritmo frenetico nelle missioni più complesse, il che almeno a noi da un po' fastidio in un gioco di strategia. Intendiamoci però, la struttura portante è molto solida e collaudata e su questa la costruzione è stata realizzata con cura così che l'impressione effettiva è quella di essere un comandante in capo impegnato in campagne di guerra di difficile gestione. Lo Schwarzkopf della situazione (a proposito: chi se lo ricorda?) non avrà però solo il compito di tenere sotto controllo l'aspetto strategico ma anche quello logistico, data la necessità di costruire (e difendere) strutture quali centrali elettriche, fabbriche, aeroporti, centri di addestramento e via dicendo. Il fulcro di Command & Conquer è proprio in questa unione, non sempre equilibrata, tra una sezione manageriale à la MegaLoMania (Sensible) e un'altra che, in tempo reale, si rifà ai 'war game'. Come abbiamo già detto, il tempo reale in questione è però alquanto stringente e porta a ritmi parossistici quando le missioni divengono più complicate e le mansioni da coordinare sovrabbondanti e concomitanti; così, anche se le varie fasi si rivelano concretamente prolungate nel tempo, spesso l'esito è legato a decisioni esiziali da prendere in pochi secondi.

È in questi casi che il joypad mostra i suoi limiti perché, contrariamente a quanto succederebbe se si usasse il mouse, la scarsa naturalezza di alcuni comandi può comportare ritardi fatali, seppur non frequenti, nel controllo delle truppe; da segnalare, d'altro canto, l'intelligente unione di più funzioni nell'ambito di un singolo comando. Se l'uso del joypad può sembrare leggermente svantaggiante, di sicuro del tutto inutile è ricorrere al libretto d'istruzioni, dato che tutta la volontà di istruire si concretizza nell'eclatante quota di dieci pagine, di cui perlomeno un paio quasi inutili. Di scarso aiuto è anche, per certi versi, l'intelligenza artificiale dei propri soldati che, se abbandonati al loro destino, si lasciano spesso passare sotto il naso i nemici in avanscoperta e talvolta anche annientare spensieratamente: ci si può infatti imbattere in situazioni poco probabili come quando interi plotoni vengono decimati da avversari solitari. Tali comportamenti anomali possono essere prevenuti, dato che l'atteggiamento di base della CPU non cambia poi molto di tentativo in tentativo, ma la prolungata rivisitazione dei livelli, determinata da necessità tattiche ed esplorative, può risultare compromettente agli occhi di chi preferisce un gameplay più lineare. Fastidiosa anche la necessità di ricorrere a una password per accedere ai vari livelli.

Per queste ragioni il mio entusiasmo per Command & Conquer trova ogni volta delle difficoltà di avviamento, ma, con la stessa regolarità e con mia grande sorpresa, una volta entrato nel vivo del gioco staccarmi dallo schermo non è affatto facile. Il fascino discreto di Command & Conquer deriva probabilmente dalla sensazione di sfida, visto il comportamento irreprensibile degli eserciti comandati dalla CPU e dato che alla fine le vittorie si possono ottenere solo grazie a tattiche elaborate con grande attenzione: la longevità che ne consegue è ulteriormente assicurata dall'elevato numero di missioni da affrontare (cinquanta). Buona, in tal senso, anche l'idea di diversificare leggermente i comportamenti dei due eserciti in campo, i NOD e i GDI.

La grafica nelle scene di battaglia, datata e poco colorata (analoga comunque a quella delle altre versioni), svolge senza infamia e senza lode il suo compito tutto sommato non fondamentale in un gioco come questo; da segnalare invece, in questa versione Saturn, la scarsa qualità dei filmati di intermezzo. Per quanto riguarda il sonoro si hanno dei campionamenti vocali ben realizzati, mentre le musiche, peraltro abbastanza piacevoli, risultano scarsamente in sintonia con lo spirito del gioco. Tirando le somme si può dire che Command & Conquer ha sicuramente numerosi pregi, come l'inarrestabile successo commerciale sta ovviamente a testimoniare, ma alcuni difetti strutturali e la palese mancanza di originalità (il gameplay è praticamente identico a quello di Dune II) fanno nascere il sospetto che non si possa parlare di caposcuola e rendono poco spiegabile, se non nell'ambito dei fenomeni di moda, il massiccio fiorire di suoi cloni all'epoca.

[Wutky]


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