Nintendo N64
Jet Force Gemini
Nintendo | Rare | Martin Wakeley | Peter Beanland
14 10 2024
A distanza di così tanto tempo dalla sua uscita ma soprattutto di fronte a una discordanza di pareri particolarmente esasperata, la tentazione è quella di parlare di Jet Force Gemini affidandosi più alle impressioni che a rendiconti dettagliati. In particolare quello che colpisce è la distanza tra le critiche mosse dalla stampa ai tempi della sua uscita e i successivi pareri entusiastici dei supporter del Nintendo 64, di cui sono testimoni numerosi siti online. Sia come sia l'impressione è che, almeno secondo me e nonostante i suoi punti di forza, Jet Force Gemini si sia meritato l'inatteso destino di piccolo flop.
Originariamente concepito come un novello Turrican tridimensionale, Jet Force Gemini mantiene un ritmo serrato e una buona velocità complessiva, ma si dimostra anche, per certi versi, vicino a un 'action-adventure' con una componente esplorativa di ingombro non trascurabile, il che di sicuro non è un male. Allo stesso modo non può non andare a suo vantaggio una realizzazione grafica di ottimo livello, molto colorata e con texture dettagliate (con widescreen e con sequenze in stile cinematografico a corredo della storia). Una volta fatta la tara ai soliti problemi di bassa definizione e di sfocatura del Nintendo 64 (l'Expansion Pak qui viene utilizzato ma naturalmente non può fare miracoli), Jet Force Gemini potrebbe essere considerato come uno dei titoli esteticamente più accattivanti del catalogo Nintendo 64, anche al di là di titoli decisamente più famosi. Ma per altri versi questo anomalo 'shooter' di Rare delude, almeno un po'. Io, in particolare, con la mia piccola dose di pazienza residua, non riesco per esempio a tollerare i ripetuti passaggi all'interno di uno stesso livello, resi in pratica inevitabili dall'obbligo di aprire progressivamente nuove aree dei quindici mondi presenti (davvero estesi e pieni di zone segrete) e dalla impossibilità di completare effettivamente uno stage se prima non vengono salvati tutti gli indigeni presenti (più di 250 in tutto). Una impostazione, insomma, che se per un verso garantisce maggiore spessore di gioco e una buona longevità, per un altro non può non risultare leggermente esasperante, nonostante una maggiore velocità degli spostamenti nella seconda parte del gioco.
La pazienza del giocatore medio viene messa alla prova anche da un sistema di controllo perfettibile (e dopo una gestazione di due anni ancora non perfezionato) che mostra limiti soprattutto quando si tratta di colpire determinati bersagli (il puntamento non è stabile e questo, unitamente alla ipersensibilità dello stick analogico del Nintendo 64, provoca spesso errori fatali nel corso degli scambi a fuoco. Tanto più che gli insettoidi avversari manifestano una intelligenza tattica superiore alla media). La sensazione, quindi, è che la curva della difficoltà impostata dai programmatori (gli stessi di Blast Corps) sia in fondo troppo ostica per giocatori di media abilità e pazienza. Questo con tanti saluti alle esigenze del mercato di massa, fondamentale per Nintendo in quel momento storico (1999), con la guerra commerciale contro la PlayStation che stava per essere persa definitivamente.
Il gioco utilizza generalmente una inquadratura in terza persona, ma offre la possibilità di ricorrere alla visuale in soggettiva, il che farà felici i fan di Doom e dei 'first person shooter'. La scelta di questa visuale comporta comunque anche un cambiamento del controllo dei movimenti, che finisce per assomigliare a quello già visto, per esempio, in Turok. Fatto che, secondo me, rende più macchinosa la gestione del gioco e risolve solo parzialmente i problemi di puntamento e di risposta ai comandi. Le incertezze nell'utilizzo delle tante armi disponibili non possono poi non ripresentarsi anche all'interno dei 'deathmatch' per più giocatori (con un quadruplo split-screen impegnativo per una semplice cartuccia) che finiscono per soffrirne in modo particolare a causa degli spostamenti meno prevedibili dei bersagli, delle aree di gioco meno ampie e di un frame rate meno fluido. Lo stesso 'character design' dei protagonisti, nonostante le sue progressive modificazioni (tra l'altro Juno e Vela, i due personaggi principali, almeno nelle prime foto diffuse dalla stampa sembravano appartenere alla fascia della infanzia avanzata, mentre in realtà risultano più vicini alla fase prepuberale, per fortuna) appare inizialmente fuori sintonia rispetto al contenuto del gioco e rivela la volontà di rivolgersi, per l'ennesima volta, a un target tendenzialmente basso come età.
Altre componenti di gioco, come la struttura dei livelli e la sezione sonora, non possono che essere considerate eccellenti: questo, però, non fa che aumentare la sensazione di trovarsi di fronte a un capolavoro mancato (non di molto: la rifinitura finale poteva forse essere più severa, ma Rare non poteva permettersi altri rinvii). Alla fine il vero punto di forza del gameplay, stranamente, è rappresentato da alcuni elementi di gioco rivelati solo in un secondo momento. Particolarmente interessanti, tra questi, la possibilità di cimentarsi in vere e proprie competizioni di stampo corsaiolo e l'entrata in scena di un robot (Floyd) che, dopo essere stato assemblato progressivamente, può assumere il ruolo di accompagnatore dei protagonisti oppure essere controllato da un secondo giocatore, consentendo così l'accesso a una ulteriore modalità multiplayer che costituisce forse la cosa più divertente in assoluto.
Non sono pochi, quindi, i momenti di Jet Force Gemini che ne possono convalidare l'etichetta di gioco ingiustamente bistrattato. Fatto sta che nonostante i tanti pregi questa travagliata produzione Rare, ai suoi tempi, non è riuscita a convincere quasi nessuno in maniera definitiva, restando così relegata nel limbo delle occasioni perdute e dei titoli dimenticati, a torto o a ragione. E allora mettiamola così: Jet Force Gemini resta uno 'shooter' perlomeno da provare, da tutti e non solo dagli appassionati del genere, se non altro per apprezzare una impostazione che va al di là della definizione di 'shooter', le sue molte sorprese e la brillantezza della realizzazione tecnica, oppure solo per una più che giustificata curiosità.
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