Imbarcato in tenera età su un cargo battente
bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai
suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti
contatti con numerose popolazioni indigene
legate alle tradizioni, una smodata passione per
l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming,
in particolare se targato Sega...
Sony PlayStation
Darkstone
Delphine | Paul Cuisset | Bertrand Gibert | Boris Vidal-Madjar | Claude Levastre | Benoist Aron
09 04 2023
Gioco di una semplicità disarmante, Darkstone non rende giustizia a quanti ritengono che un gameplay deve sempre e comunque essere immediato e lineare, per potere essere considerato divertente. Insomma: semplice sarà pure bello, ma c'è un limite a tutto.
In realtà Darkstone (PlayStation, 2001) potrebbe essere stato ideato e realizzato da un gruppo di dilettanti con qualche mese di tempo libero a disposizione. E, d'altronde, la base dalla quale partire era troppo striminzita per poter pervenire a risultati insperati. Parzialmente riconducibile al celebre Diablo, Darkstone presentava, senza troppe sorprese, ambientazioni urbane scarne e aree esplorabili, a queste collegate, non meno minimaliste. Sono comunque presenti 32 scenari diversi in cui avversari, 'location' e oggetti vari vengono inseriti in posizioni vagamente differenti, con un motore 3D piuttosto elementare. Questa rigenerazione del terreno su cui viene ambientata l'avventura, anche se alla fine non porta a modifiche radicali, rappresenta il pezzo forte di Darkstone semplicemente perché lo rende rigiocabile più volte (ammesso che l'interesse resti vivo).
Data la natura del gioco gli elementi grafici non possono non avere un aspetto prefabbricato, con ambienti spesso troppo uniformi. Per fortuna, soprattutto all'interno dei 'dungeon' (o meglio del 'dungeon', perché diverse entrate danno accesso a sezioni di un unico corpo, con aree secondarie che non possono essere affrontate tutte insieme dato il blocco rappresentato da avversari letali) ci ritroviamo con un ottimo 'light sourcing', che rappresenta la cosa migliore dal punto di vista estetico. Per il resto i personaggi secondari e i protagonisti risultano vagamente approssimativi (non tanto dal punto di vista del numero di poligoni quanto da quello del dettaglio e dell'animazione) e si ritrovano a vagare in paesaggi anche loro non particolarmente caratterizzati (e i problemi derivanti da un asse dell'inquadratura spesso smarrito non aiutano nell'orientamento).
A partire da una trama praticamente inesistente, con dialoghi essenziali e qualche piccolo pretesto narrativo che possa dare origine alle varie missioni, abbiamo un 'gameplay' che si orienta verso il progressivo miglioramento delle caratteristiche (magiche e non) dei protagonisti e verso una buona quota di scontri: esattamente quello che ci si aspetta da un gioco di ruolo ridotto all'osso. La caratterizzazione dei personaggi è altrettanto ridotta ai minimi termini, ma gli otto protagonisti presenti hanno tratti abbastanza diversi, il che consente approcci alternativi alle fasi di combattimento e al compimento delle missioni (essenziali, data l'importanza delle ricompense che comportano). I combattimenti avvengono in tempo reale: il loro ritmo elevato (ma non è difficile evitare lo scontro, volendo) e la loro articolazione strategica (sufficiente) li avvicinano a quelli che avvenivano nel vecchio Gauntlet, anche se qui è assente la frenesia che caratterizzava il famoso coin-op. Il fine ultimo del 'gameplay', comunque, è l'accumulo di denaro, che consente l'acquisizione di nuovi oggetti e di nuove abilità (una trentina di incantesimi e altrettante armi) per potere così guadagnare più denaro e affrontare combattimenti più rischiosi, il che chiude il cerchio.
Il tutto veniva accompagnato da una presentazione dignitosa (con una struttura dei menù sufficiente), da una colonna sonora funzionale ma non entusiasmante e da caricamenti da incazzatura incipiente. Tutto sommato ci trovavamo, quindi, alla fiera del discount: il prodotto in sé e per sé era insomma appena accettabile, ma tenendo conto del prezzo d'acquisto di allora (trentamila lirette) valeva la pena di tapparsi il naso e giocare senza troppe domande. Il bello è che Darkstone, nella sua ripetitività e nel suo minimalismo, risulta ancora oggi per qualche verso stranamente rilassante: misteri dell'imperscrutabile mondo videoludico.
[NO1]